Set 28

La Procura chiede l’archiviazione della denuncia a Carico di Laura Boldrini, ma noi non ci stiamo: ecco l’opposizione.

Niki Dragonetti, imprenditore di Cassino, è uno dei tanti cittadini che ha avuto il coraggio di depositare una delle denunce che ho pubblicato sul mio sito ai danni delle più alte cariche dello Stato, per la continua azione di distruzione della nostra sovranità nazionale attuata attraverso la cessione della stessa ad organismi sovranazionali dediti alla tutela del potere finanziario.

Nello specifico Dragonetti ha denunciato Laura Boldrini per istigazione a delinquere in forza di un tweet con cui invocava, come di consueto, la cessione della nostra sovranità. Il PM di Cassino stavolta ha inizialmente iscritto il Presidente della Camera nel registro degli indagati per poi archiviare con una motivazione articolata. Questo ci ha consentito di formulare opposizione puntuale a tale archiviazione al fine di continuare a coltivare il sogno di portare a processo questa persona per tutto il male fatto al Paese.

La richiesta di archiviazione della Procura è basta su motivazioni davvero surreali e nello specifico si è arrivati ad affermare che l’art. 11 Cost. auspica le cessioni di sovranità. E laddove si obiettava che cedere è un concetto ben diverso da limitare (unico termine usato dall’art. 11 Cost.) il PM ha argomentato sostenendo che limitare ha semanticamente lo stesso significato di cedere.

Ecco dunque l’opposizione che abbiamo presentato insieme all’amico Dragonetti:

TRIBUNALE DI CASSINO

PROCEDIMENTO RGNR 4596/17

ATTO DI OPPOSIZIONE ALLA RICHIESTA DI ARCHIVIAZIONE

Il Sig. Niki Dragonetti, denunciante e persona offesa nel procedimento emarginato, nato a * * * e residente in * * * ed ai fini del presente atto elettivamente domiciliato in Rapallo, C.so Mameli 98/4 presso lo studio e la persona dell’Avv. Marco Mori del foro di Genova (Tel e Fax: 0185.231221 – Pec: studiolegalemarcomori@pec.it) suo difensore di fiducia giusta nomina in calce, col presente atto intende opporsi alla richiesta di archiviazione ex artt. 408 e segg. c.p.p. emessa dal P.M. Procedente Dott.ssa Arianna Armanini del 15.09.2017 e ciò per i seguenti

MOTIVI

-Il provvedimento di richiesta di archiviazione del PM in merito alla denuncia presentata dall’esponente riporta una ricostruzione completamente e grossolanamente errata in diritto, sia circa il combinato disposto degli artt. 1, 10 ed 11 Cost., sia in riferimento all’ambito di applicazione della fattispecie di cui all’art. 243 c.p. Proprio il suddetto art. 243 c.p. è la norma che il Presidente della Camera ha istigato pubblicamente a violare, non solo nel tweet prodotto dal denunciante, che ha ripreso un atto dello scrivente difensore di alcuni anni fa, ma anche in numerosi discorsi pubblici successivi nei quali ha sempre specificato la richiesta e la volontà di ottenere “cessioni della nostra sovranità”. Tesi ribadita anche sul sito personale della denunciata ove all’indirizzo www.lauraboldrini.it/tag/stati-uniti-deuropa/ si chiede addirittura la costituzione degli Stati Uniti d’Europa, azione che tecnicamente comporta la fine della Repubblica Italiana, con buona pace per la sua definitività sancita dall’art. 139 Cost.

Entriamo dunque nel merito delle osservazioni del P.M.

* * *

1. In riferimento al combinato disposto degli artt. 1, 10, 11 e 139 Cost.

L’interpretazione del Magistrato sull’art. 11 Cost. è completamente erronea e ciò sia laddove confonde i significati di cessione e limitazione di sovranità, addirittura adducendo un’inesistente corrispondenza semantica tra i due termini, sia laddove analizza le intenzione dei Padri Costituenti e la giurisprudenza della Corte Costituzionale.

Ma andiamo con ordine.

Partiamo dal ricordare quali sono gli elementi fondanti, e dunque assolutamente irrinunciabili, di uno Stato. Esso, per esistere, deve avere contemporaneamente un popolo, un territorio e il potere d’imperio.

In una democrazia come la nostra tale potere d’imperio, ovvero la sovranità, è stato attribuito al popolo, che ovviamente lo esercita nelle forme (democrazia rappresentativa) e nei limiti della Costituzione. I limiti sono ovviamente contenuti proprio nei principi fondamentali della Carta ed in particolare per ciò che interessa in questa sede occorre esaminare gli artt. 10 ed 11 Cost.

Il potere d’imperio, ergo la sovranità, del popolo italiano sul proprio territorio non può essere ceduto e anche la limitazione di esso è soggetta a limiti ben precisi, che anche la giurisprudenza (quella più recente di quella richiamata nella richiesta di archiviazione) ha specificato con chiarezza. Parliamo di ciò che viene conosciuto con il termine di “controlimiti”.

Controlimiti posti specificatamente all’ingresso automatico del nostro ordinamento delle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute di cui all’art. 10 Cost., con sindacato ex post.

Precisamente con sentenza n. 238/14 la Corte Costituzionale ha affermato che: Non v’è dubbio, infatti, ed è stato confermato a più riprese da questa Corte, che i principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale e i diritti inalienabili della persona costituiscano un «limite all’ingresso […] delle norme internazionali generalmente riconosciute alle quali l’ordinamento giuridico italiano si conforma secondo l’art. 10, primo comma della Costituzione» (sentenze n. 48 del 1979 e n. 73 del 2001) ed operino quali “controlimiti” all’ingresso delle norme dell’Unione europea (ex plurimis: sentenze n. 183 del 1973, n.170 del 1984, n. 232 del 1989, n. 168 del 1991, n. 284 del 2007), oltre che come limiti all’ingresso delle norme di esecuzione dei Patti Lateranensi e del Concordato (sentenze n. 18 del 1982, n. 32, n. 31 e n. 30 del 1971). Essi rappresentano, in altri termini, gli elementi identificativi ed irrinunciabili dell’ordinamento costituzionale, per ciò stesso sottratti anche alla revisione costituzionale (artt. 138 e 139 Cost.: così nella sentenza n. 1146 del 1988)”.

Ed ancora, confermando anche il concetto di limitazione fatto proprio dallo scrivente, la Corte afferma:Anche in una prospettiva di realizzazione dell’obiettivo del mantenimento di buoni rapporti internazionali, ispirati ai principi di pace e giustizia, in vista dei quali l’Italia consente a limitazioni di sovranità (art. 11 Cost.), il limite che segna l’apertura dell’ordinamento italiano all’ordinamento internazionale e sovranazionale (artt. 10 ed 11 Cost.) è costituito, come questa Corte ha ripetutamente affermato (con riguardo all’art. 11 Cost.: sentenze n. 284 del 2007, n. 168 del 1991, n. 232 del 1989, n. 170 del 1984, n. 183 del 1973; con riguardo all’art. 10, primo comma, Cost.: sentenze n. 73 del 2001, n. 15 del 1996 e n. 48 del 1979; anche sentenza n. 349 del 2007), dal rispetto dei principi fondamentali e dei diritti inviolabili dell’uomo, elementi identificativi dell’ordinamento costituzionale.

Dunque i principi fondamentali sono un paletto concreto ed invalicabile, proprio in virtù della definitività della forma Repubblicana dello Stato, all’ingresso del diritto internazionale nel nostro ordinamento.

L’appartenenza della sovranità al popolo, principio “fondamentalissimo”, dunque è la regola generale mentre la sua limitazione è l’eccezione che va adeguatamente circoscritta. Sia la cessione di sovranità che la limitazione oltre i “controlimiti” costituzionali sono pacificamente reato ex art. 243 c.p. Normale che uno Stato infatti abbia disciplinato quale gravissimo delitto ogni azione diretta a minarne la personalità giuridica, ovvero ogni azione diretta a minare la sua stessa esistenza.

Non tragga in inganno il fatto che alcuni dicono che nessuno si è mai espresso con chiarezza su tali temi, non è vero.

In realtà la dottrina c’è, anche a firma di giuristi di altissimo livello della magistratura amministrativa e costituzionale (si pensi tra i tanti a Luciano Barra Caracciolo, Presidente di sezione al Consiglio di Stato o Paolo Maddalena ex Giudice della Corte Costituzionale o Gustavo Zagrebelsky addirittura ex Presidente della Corte stessa). La ragione per la quale il tema non è arrivato all’attenzione della massa e che non abbia destato scandalo alcuno la continua richiesta ad operare “cessioni della nostra sovranità” (Mario Monti benediceva addirittura la crisi perché ci obbligava a cederla!) è che parliamo di argomento di nicchia che noi professionisti usualmente non trattiamo nel nostro lavoro, sia di Avvocati che di Magistrati.

Ma se si approfondiscono le questioni le conclusioni sono oggettive ed univoche e non possono sfuggire a chi vive di diritto.

Tutto è chiarissimo. Qualora non bastasse la sentenza della Corte Costituzionale sopra riportata che il PM ha ignorato, si può osservare che fin dalla piana lettura della relazione preparatoria al progetto di Costituzione dell’On. Mauccio Ruini la ratio dell’attuale art. 11 Cost. è ben inquadrata, parliamo dunque di interpretazione autentica della norma.

Testualmente: “l’Italia è uno Stato indipendente e libero, l’Italia non consente, in linea di principio altre limitazioni della sovranità, ma si dichiara pronta, in condizioni di reciprocità e di uguaglianza, a quelle necessarie per organizzare la solidarietà e la giusta pace tra i popoli”.

La sovranità interna del Paese è incondizionata ed incondizionabile, le limitazioni sono possibili solo a fini di pace ed in condizione di reciprocità. Tutto questo era concepito, come ricordava giustamente anche il PM, per l’ONU e non per mettere fine alla Repubblica Italiana aderendo ad un’Europa Unita o federale. Infatti cedere sovranità per costituire un nuovo Stato significa sic et simpliciter mettere fine alla Repubblica Italiana, ma la definitività della sua forma sancita ex art. 139 Cost. lo impedisce.

Addirittura in abbondanza si rammenta che l’On. Lussu il 24 gennaio 1947 propose uno specifico emendamento all’art. 11 Cost. proprio per aprire almeno all’Europa federale, l’emendamento fu votato e respinto. Calamandrei in persona, circa la definitività della forma Repubblicana, ricordò sempre durante le sedute della Costituente che l’art. 139 Cost. era un passo perentorio, ammonendo tutti, forse anche perché non perfettamente d’accordo, che approvata tale norma nulla avrebbe più potuto essere modificato nei principi fondamentali della Carta, neppure se la maggioranza del Paese lo avesse voluto. Che piaccia o meno l’Italia, intesa come Stato sovrano ovviamente, è costituzionalmente eterna, tentare di cancellarla è sic et simpliciter un atto eversivo punito dal codice penale.

Alla luce del dato testuale dell’art. 11 Cost. e della sua interpretazione autentica dunque la sovranità non può essere ceduta e gli stessi limiti devono riguardare solo un preciso scopo, la pace.

Peraltro essa, sia detto per inciso, con l’Europa non c’entra nulla, anzi l’Europa ha nei fatti codificato l’ideologia liberista che era stata già stata messa al bando nella parte economica della nostra Costituzione poiché riconosciuta quale causa scatenante della seconda guerra mondiale. Basta leggere le dichiarazioni di Aldo Moro, Gustavo Ghedini, Giorgio La Pira e tanti altri durante le sedute della Costituente per averne piena contezza.

Ma questo richiederebbe una spiegazione troppo lunga che esula la presente fattispecie, visto poi che il Presidente Laura Boldrini parla di cessione di sovranità e di Stati Uniti d’Europa anche nel suo sito personale e non di mere limitazioni di sovranità, che sarebbero lecite in condizioni di reciprocità e a fini di pace.

Solo in abbondanza, a riprova che l’UE nulla afferisce proprio con la pace, si ricorda che l’art. 127 TFUE specifica come l’obiettivo del sistema europeo delle banche centrali (SEBC), organismo sovranazionale a cui è stata ceduta interamente la nostra sovranità monetaria strappandola illecitamente al popolo, è la stabilità dei prezzi e, solo fatta salva la medesima, il SEBC può occuparsi degli obiettivi dell’art. 3 TUE che sono testualmente pace e benessere.

Sconcertante. Abbiamo, anzi hanno, messo la stabilità della moneta prima della pace, anche parlassimo di limitazioni e non di cessioni, se proprio si volesse continuare a confondere tra loro due termini completamente diversi nel significato, si sarebbe comunque completamente fuori dal disposto dell’art. 11 Cost.

Ma appunto questo esula la vicenda in oggetto poiché oggi parliamo di istigazione alla cessione di sovranità, fatto espressamente vietato dalla Costituzione e dal codice penale.

Non è vero infatti come detto che i due termini, appunto cessione e limitazione, siano semanticamente equivalenti. Prendendo qualsiasi dizionario si nota immediatamente che limitare significa contenersi e nel caso di uno Stato dunque significa contenere un proprio potere d’imperio, omettere il suo pieno esercizio. Cedere invece assume un significato quasi opposto, quello di chinarsi, arrendersi, prostrarsi o appunto se si parla di Stato trasferire a titolo definitivo un proprio potere d’imperio.

Un esempio banale di uso comune di questi termini? Se limito la circolazione di una vettura essa appunto non potrà essere utilizzata in certe ore o in certe zone, ma non ho ceduto la stessa a terze persone.

Consegnare il potere d’imperio del popolo italiano su materie fondamentali a titolo definitivo ad un ordinamento sovranazionale implica automaticamente la cessione della nostra sovranità. L’art. 3 TFUE (non dunque il 3 del TUE già precedentemente citato) disciplina espressamente le materie in cui la sovranità è stata ceduta con competenza esclusiva di Bruxelles.

Tale azione costituisce un reato già consumato, mantenere tale stato di cose è altrettanto reato (tutto materiale di competenza della Procura di Roma oggi colpevolmente inerte), invocare ulteriore cessioni di parti di sovranità al momento conservate come ha chiesto Laura Boldrini è istigazione a delinquere (ancora!). Ribadiamo infatti che la creazione degli Stati Uniti d’Europa implica automaticamente la fine delle della Repubblica Italiana con buona pace della definitività della stessa di cui all’art. 139 Cost.

Se vi fosse la volontà di approfondire ulteriormente, onde non tediare ulteriormente il Magistrato, si allega paper scientifico sul tema pubblicato da diritto italiano a firma dello scrivente difensore e dell’Avv. Giuseppe Palma invitando altresì, sempre qualora per esigenze di indagini si volesse approfondire, anche alla lettura anche delle pubblicazioni sul tema almeno dei giuristi sopracitati.

Ma specificato che la cessione di sovranità è oggettivamente fuori dai limiti della nostra Costituzione vediamo perché l’art. 243 c.p. è idoneo a punire tale condotta.

* * *

2. In relazione alla fattispecie di cui all’art. 243 c.p.

Qui le osservazioni del PM sono state altrettanto erronee.

La fattispecie dell’art. 243 c.p. punisce non solo gli atti d’intelligenza diretti a muovere guerra all’Italia, ma anche solo quelli diretti a compiere altri atti di ostilità verso il Paese.

Il PM afferma, che se un trattato è un atto d’intelligenza, allora ogni trattato sarebbe reato.

Assolutamente no!

Il reato c’è allorquando si stipula un trattato oltre i limiti o meglio, per seguire la Corte Costituzionale, oltre i contro limiti che consentono al diritto internazionale di entrare lecitamente nel nostro ordinamento.

In buona sostanza è certamente reato cedere sovranità, non lo invece limitare un proprio potere d’imperio ai fini di pace. In definitiva si parla di limitare principalmente gli effetti che una nostra decisione sovrana ha fuori dai confini nazionali, ciò che facciamo in casa nostra e che ha effetti solo a casa nostra non dovrebbe, anzi non deve, interessare nessuno.

Della distinzione abbiamo già detto. E francamente, rendendo pratica la questione, chi scrive vorrebbe capire per quale assurda motivazione l’Italia non potrebbe fare spesa pubblica per dare piena occupazione, finanziandola con moneta di Stato (quindi creata dal nulla dallo Stato!). Le regole europee lo vietano, ma questa azione non avrebbe nulla a che vedere con i rapporti tra Stati, riguarderebbe solo il nostro sviluppo interno.

Dunque se io mettessi, ad esempio, un tetto alle esportazioni rispetterei pienamente l’art. 11 Cost., limiterei la competizione tra Stati e favorirei la cooperazione e la solidarietà.

Se invece mettessi un tetto allo sviluppo della domanda interna, con ingerenze su politiche che hanno effetti esclusivamente interni, incidendo sulla stessa occupazione, ovviamente farei qualcosa di illecito.

Sul punto proprio il già citato ex Presidente della Corte Costituzionale, Gustavo Zagrebelsky è stato chiarissimo anche in un’intervista a Repubblica del 28.07.2015:

Si parla di fallimento dello stato come di cosa ovvia.

Oggi, è “quasi” toccato ai greci, domani chissà; è un concetto sconvolgente, che contraddice le categorie del diritto pubblico formatesi intorno all’idea dello Stato. Esso poteva contrarre debiti che doveva onorare. ma poteva farlo secondo la sostenibilità dei suoi conti: non era un contraente come tutti gli altri. Incorreva, sì, in crisi finanziarie che lo mettevano in difficoltà ma aveva, per definizione, il diritto all’ultima parola. Poteva, ad esempio, aumentare il prelievo fiscale, ridurre o “consolidare” il debito, oppure stampare carta moneta: la zecca era organo vitale dello stato, tanto quanto l’esercito. Come tutte le costruzioni umane, anche questa poteva disintegrarsi e venire alla fine. era il “dio in terra”, ma pur sempre un “dio mortale”, secondo l’espressione di Thomas Hobbes. Tuttavia, le ragioni della sua morte erano tutte di diritto pubblico: lotte intestine, o sconfitte in guerra, non erano ragioni di diritto commerciale, cioè di diritto privato.

Se oggi diciamo che lo stato può fallire, è perché il suo attributo fondamentale — la sovranità — è venuto a mancare. Di fronte a lui si erge un potere che non solo lo può condizionare, ma lo può spodestare, lo Stato china la testa di fronte a una nuova sovranità, la sovranità dei creditori.

Ergo appunto esistono accordi internazionali che azzerano la stessa esistenza dello Stato e per tale ragione rientrano a pieno titolo tra i delitti contro la personalità dello Stato. La riflessione di Zagrebelsky era ovviamente puramente di diritto costituzionale, ma è chiaro che appunto il codice penale punisce proprio tali comportamenti affinché la personalità dello Stato sia conservata.

Cambiando esempio, per consentire un ultimo spunto di riflessione, se aderissi ad un trattato di non proliferazione negli armamenti stipulerei un atto perfettamente lecito, se invece cedessi il controllo delle mie forze armate ad un organismo sovranazionale invece commetterei reato.

Lo stesso potrebbe dirsi per accordi diretti a limitare le emissioni inquinanti, sarebbero e sono perfettamente leciti, anzi doverosi.

Dunque non è certo ogni accordo internazionale che costituisce un reato come semplicisticamente ha affermato il PM., sono reato esclusivamente gli accordi internazionali in violazione ai controlimiti all’ingresso del diritto internazionale nel nostro ordinamento che provochino pregiudizio alla personalità giuridica dello Stato.

Sulla nozione di atto d’intelligenza infine, oltre al dizionario, soccorre anche la dottrina che ha avuto modo di chiarire come esso sia un semplice accordo, anche palese. Nozione in cui un trattato internazionale rientra perfettamente (si veda ad esempio F. Antolisei, manuale di diritto penale, parte speciale, vol. II, 2000, Giuffré Editore, pag. 544).

Altrettanto semplice è la nozione di atto di ostilità che ricomprende ogni aggressione alla personalità giuridica di un Paese diverso dalla guerra.

Togliere il potere d’imperio ad uno Stato equivale a cancellarlo, dato che perderebbe un suo attributo fondante. Ogni invasione armata, dunque ogni atto di guerra, ha come conseguenza la menomazione dell’indipendenza e della sovranità dello Stato che la subisce. Se tale risultato viene raggiunto senza l’uso dell’esercito, con un’altra azione tra cui un accordo contrattuale, si rientra nella nozione di atto ostile diverso dalla guerra.

Semplice e lineare.

Davvero suona impossibile argomentare come ha fatto il PM e suona impossibile comprendere come la cessione di sovranità ad oggi non sia stata fermata dalla magistratura penale, essendo un’azione ben più pericolosa di ogni altro atto che possa essere posto in essere da qualsivoglia organizzazione criminale esistente.

Ma poi cosa c’è di peggio che strappare al popolo il diritto di decidere su cosa avviene sul proprio territorio? Questa è veramente la base di ogni logica democratica, il cui pieno rispetto è anche alla base della pace internazionale.

* * *

3. in merito all’operatività dell’art. 68 Cost.

Ovviamente l’insindacabilità delle opinioni dei parlamentari è certamente sacra, ma non si spinge fino a coprire la commissione di delitti o la loro istigazione, che rimane in ogni caso reato. L’immunità Parlamentare prevista in tale senso è infatti stata superata fin dalla riforma costituzionale del 1993.

Peraltro i delitti contro la personalità dello Stato, riguardano per definizione, proprio la classe dirigente, talvolta in certe fattispecie, unicamente essa. Dunque sarebbero inapplicabili in toto se valesse lo “scudo” dell’art. 68 Cost.

Unica condizione di “vantaggio” per il Presidente della Camera è quella che riguarda l’inizio del processo penale. L’indagine e l’avviso di conclusione della stessa con la formulazione del capo d’imputazione sono possibili, ma per l’inizio del processo si deve attendere la fine del mandato ex art. 1 L. n. 140/2003.

* * *

Infine, per estremo tuziorismo difensivo, si rammenta che, dato che è oltremodo pacifico che l’art. 243 c.p. punisce penalmente le cessioni di sovranità, qualora non si ritenesse (non si vede francamente come) fondata l’interpretazione dello scrivente circa l’applicazione dell’art. 11 Cost. non si potrebbe procedere comunque ad archiviazione.

Occorrerebbe sollevare la questione di illegittimità costituzionale proprio dell’art. 243 c.p. in riferimento agli artt. 10 ed 11 Cost. Se l’articolo 11 Cost. consentisse le cessioni di sovranità allora non potrebbe continuare ad esistere una norma penale che le punisce fino all’ergastolo.

E data l’obbligatorietà dell’azione penale fin tanto che questa norma esiste, piaccia o meno (a chi scrive francamente piace!), va applicata.

In claris non fit interpretatio.

* * * *

Per tutto quanto sopra esposto si chiede che l’Ill.mo Giudice per le Indagini Preliminari:

– respinga l’immotivata richiesta di archiviazione proposta dal P.M.;

– disponga che il P.M. formuli il capo di imputazione data l’evidenza della sussistenza delle fattispecie delittuose in esame;

– nel caso in cui il GIP ritenga necessarie ulteriori indagini, trattandosi di una vicenda da risolvere in diritto prima che in fatto si propone l’audizione diretta di giuristi in grado di approfondire ulteriormente la tematica tra cui quelli citati in atti;

data l’importanza decisiva dell’argomento e la necessità di approfondirlo compiutamente con un pieno contraddittorio fissare udienza di comparizione delle parti in Camera di Consiglio ai sensi e per gli effetti dell’art. 410 c.p.p.

Con osservanza.

Rapallo, 22 settembre 2017

Avv. Marco Mori


Avv. Marco Mori, autore de “Il tramonto della democrazia, analisi giuridica della genesi di una dittatura europea” disponibile on line su ibs