Lug 12

Delinquere? È l’unica professione in cui lo Stato garantisce i disoccupati

Anche stamani ero in carcere, colloqui con detenuti. Cose che capitano ovviamente. Ultimamente però entrare in quel posto mi da pensieri sicuramente “atipici”. Sempre più spesso ho clienti che entrati in “galera”, dopo essere stati privati della loro libertà personale, rifioriscono letteralmente. Migliorano nell’umore e nel fisico lasciando fuori i loro pensieri negativi, le loro reali difficoltà ad arrivare alla fine del mese. Dimenticando preoccupazioni ed affanni della vita quotidiana.

Tempo fa mi capitò anche un padre di famiglia, incensurato, finito in una brutta storia a causa delle difficoltà economiche in cui era caduto. Dopo la crisi della sua attività commerciale aveva bisogno di denaro per mantenere la famiglia e non perdere la propria casa all’asta, una cosa che può capitare a tutti e che anzi capita sempre a più persone a causa delle criminali politiche economiche in atto. Politiche, come sapete se seguite queste pagine, che sono attuate immettendo nel sistema meno moneta di quella necessaria al normale funzionamento dell’economia reale.

L’incredibile comunque fu al primo colloquio. Mi sarei aspettato una persona abbattuta ed invece ho trovato una persona che per qualche tempo vedeva risolti i suoi problemi economici, era certo di avere un tetto e da mangiare. Non doveva più lavorare giornate intere senza poi avere un euro in tasca…

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Chiaramente rimaneva la paura per la sua famiglia, ma egoisticamente vedeva i suoi problemi al momento accantonati e lo dichiarava candidamente. Allora davanti a questo la riflessione diventa sempre più obbligatoria.

Chi è davvero libero? Noi che siamo “fuori” e viviamo la vita come criceti nella ruota, oppure chi in carcere può rispettare i suoi tempi biologici, non avere scadenze ed impegni e comunque avere vitto ed alloggio garantiti?

La risposta è palese ed oggettiva, se “fuori” oggi hai problemi economici il carcere è l’unico ammortizzatore sociale che li risolve immediatamente. Il carcere è l’unico posto in cui ci si libera dagli obblighi e dagli impegni quotidiani, sempre più frenetici e contrari alla nostra natura.

Mancano però gli affetti, obietterete. Vero, si riducono a poche ore di colloquio settimanale. Ma parliamoci chiaro, un padre di famiglia che lavora, oggi come oggi, quanto tempo passa con la famiglia? Finisce che qualcuno si ritrova ad avere un rapporto più vero nelle ore di colloquio in carcere che non quando faceva una vita “normale” in cui gli impegni e gli affanni non gli consentivano spensieratezza nemmeno in famiglia.

Un disoccupato involontario, stante la permanente violazione dell’art. 38 Cost. se non commette reati è letteralmente abbandonato a se stesso. Solo una libertà è davvero conservata: quella di suicidarsi. Non a caso ultimamente si comincia a parlare di un nuovo diritto da sostituire a quello alla vita, il diritto di morire. Diritto che il mentore di Macron, addirittura vorrebbe veder applicato proprio a chi ha problemi economici. No caro Attali, è questo il nome del mentore di Macron, in quel caso mi spiace per te, non mi ammazzerei, piuttosto preferirei tentare di rapinarti!

Infatti se oggi un disoccupato involontario trova il coraggio di commettere un qualsiasi reato si ritrova immediatamente in un posto in cui vivere con piena assistenza. Non c’è altro modo per arrivare a questo. O rinunci alla dignità ed ai bisogni più elementari, oppure rinunci alla possibilità di muoverti liberamente nello spazio in cambio di tutto il resto…

In tempi di aumento dei costi anche per la salute, con esenzioni sempre più rare e limitate, solo in carcere si ha addirittura la piena assistenza sanitaria, ovviamente gratuita, prevista in Costituzione. Tutto questo ha davvero dell’incredibile. I carcerati poi hanno un percorso privilegiato una volta fuori per il reinserimento sociale, specialmente coloro che commettono i reati più gravi e dunque hanno periodi di detenzione più lunga. Anche questa è una verità di cui si parla poco volentieri.

Questo inverno, davanti alla banca vicino al Tribunale c’era un senza tetto, abbandonato al freddo. Già allora me lo chiesi, ma per quale diavolo di motivo non commette un qualsiasi reato che gli permetta di fare una doccia calda già solo dopo poche ore, dormire in un letto vero la sera stessa e mangiare con regolarità e abbondantemente?

La società è ogni giorno che passa più incredibile. Tutti noi che siamo “fuori” siamo in realtà i veri carcerati. Violentiamo ogni attimo la nostra natura. I più per almeno sei giorni su sette vivono per lavorare, rinunciando ad ogni libertà, spesso solo per arrivare alla fine del mese.

Un uomo che non ha un lavoro e non sa come arrivare a fine mese poi non è affatto libero, come ricordava Sandro Pertini, avrà al massimo la libertà di bestemmiare, ma non gode di nessuno dei diritti inviolabili dell’uomo previsti nella nostra splendida Costituzione.

Oggi chi vuole dignità può solo delinquere…

E pensare che il lavoro era un diritto, come era un diritto avere una retribuzione adeguata alla quantità e qualità del lavoro svolto ed IN OGNI CASO sufficiente ad assicurare al lavoratore e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa…

Allora è proprio vero. L’unica professione che gode di piene garanzie costituzionali è quella del delinquente…

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Avv. Marco Mori – autore de “Il tramonto della democrazia, analisi giuridica della genesi di una dittatura europea” disponibile on line su ibs.