Mag 25

Non dire che vogliamo uscire dall’euro è indispensabile per uscire dall’euro? Analisi di un cortocircuito sovranista.

Vediamo di perdere qualche minuto per smontare un delirante luogo comune che ultimamente va purtroppo per la maggiore. Come sappiamo le principali forze politiche euro scettiche hanno da tempo ammorbidito le posizioni, l’euroexit infatti è stato completamente abbandonato nel recente programma di governo cd. giallo-verde.

Nel punto 29 del programma al posto dell’exit si legge la brillante idea di creare la “cittadinanza europea”, che per definizione presuppone l’esistenza di uno Stato Europeo (Gli USE?) e di rafforzare l’incisività dell’Unione nelle materie di sua competenza esclusiva. Quest’ultimo assunto altro non è che un nuovo modo, apparentemente originale, per dire che si deve cedere ulteriore sovranità. Gli elettori di questi partiti, almeno la parte di loro contraria alla moneta unica, hanno rapidamente giustificato tale riposizionamento affermando che è una strategia indispensabile per poter formare il governo e finalmente agire per la preparazione dell’exit, che avverrà quando saremo pronti.

Tale tesi è da respingere in toto e chi ha compreso le vere ragioni dell’importanza della sovranità monetaria non dovrebbe faticare a capire che è errata anche da un punto di vista strettamente tecnico. Già nel 2015 ero fortemente critico verso queste posizioni, guarda caso sposate proprio dallo stesso Prof. Paolo Savona, profeta delle privatizzazioni, boia dell’IRI durante il Governo Ciampi, Vice Presidente dell’Aspen Institute (con Mario Monti, Amato, Prodi, Gianni Letta, Francesco Profumo, ma anche Paolo Mieli, Lucia Annunziata, solo per citarne alcuni noti nomi) e papabile nuovo Ministro dell’Economia. All’epoca, con il blog Scenarieconomici, redigemmo con Paolo Savona un piano B per l’uscita dall’Italia dall’euro.

Allora mi occupai della parte giuridica insieme ad altri colleghi, ma resi comunque pubbliche le mie critiche al piano, che trovate ancora su questo sito, assieme al video dell’evento a cui parteciparono tra gli altri anche Claudio Borghi (che dichiarò davanti a me di non stimare particolarmente il Prof. Paolo Savona, le vere parole furono peraltro molto più colorite), Giorgia Meloni, Marco Zanni ed altri esponenti politici.

Perché dunque la segretezza non è importante per lasciare l’euro?

Intanto è impossibile ed impensabile mantenere segrete le intenzioni di un’azione del genere. Le cose da fare sono tante e tutte estremamente visibili, sia per gli altri Stati, sia per i famosi mercati, parola che comprende anche le élite sovranazionali che, grazie al loro potere economico, stanno cercando di pilotare i nostri destini mettendo le democrazie di fronte al fatto compiuto. La segretezza non ha parimenti nessuna importanza economica. Perché?

Se siete sovranisti e vi state facendo la domanda allora non avete compreso davvero tutto della filosofia che sposate. La moneta è solo uno strumento alternativo al baratto che permette un più celere scambio di beni o servizi. Essa è creata dal nulla dallo Stato (se sovrano), nelle quantità che esso decide. La moneta oggi è fiat, non è convertibile in alcun bene reale e dunque, da un punto di vista teorico, non esistono limiti per la sua emissioneLa frase storica “non ci sono i soldi”, al netto di qualsivoglia opinione personale, è tecnicamente falsa in presenza di una moneta fiat.

Preoccuparsi della fuga di capitali per uno Stato sovrano è dunque un po’ come preoccuparsi di aver perso i soldi del monopoli, è del tutto irrilevante. I capitali che fuggono sono semplici bit che viaggiano da un computer all’altro. Il loro reale impatto nella produzione di beni e servizi è totalmente nullo. Una nazione è ricca o povera, prospera o disperata, solo in base alla sua capacità reale di produrre, tale capacità è totalmente scollegata dall’unità di misura che si utilizza per scambiare beni o servizi. Anche se la moneta fosse abolita, ma ciascuno di noi continuasse ad attendere alle ordinare occupazioni lavorative che ogni giorno svolge, non cambierebbe alcunché nel mondo reale. Insomma tutto ciò che esiste, esiste non certo perché esistono i soldi, ma perché qualcuno l’ha creato con il proprio lavoro, la propria intelligenza.

I soldi stessi sono il frutto dell’ingegno umano, sono un qualcosa di assolutamente artificiale e per tale motivo, un qualcosa di artificiale, non può per definizione essere di ostacolo al nostro sviluppo reale. La moneta nel modello capitalista adempie anche ad una fondamentale funzione sociale, o meglio la quantità di moneta disponibile complessivamente adempie a tale funzione. L’uomo è imperfetto, lo sappiamo. In troppi non si impegnerebbero a fondo se in un certo modo non fossero, quantomeno ad un livello quasi inconscio, costretti a farlo.

La moneta adempie proprio alla funzione di imporre alle persone di impegnarsi. Se ogni bene materiale che io posso desiderare è ottenibile con la corresponsione di una data quantità di denaro, per assecondare i miei desideri, dovrò procurarmela. Se ti rendo difficile procurarti quella quantità necessaria tu sarai disposto a lavorare molto di più per averla. Viceversa, se tutto diventa facile, presumibilmente lavorerò di meno. La quantità di moneta a disposizione dunque in un Paese deve essere una delle più grandi ed importanti decisioni politiche, perché influenza di riflesso il comportamento di ogni singolo individuo.

Non fraintendetemi io non amo il capitalismo e credo che un giorno la moneta fortunatamente cesserà di esistere, ma ad oggi, citando Keynes, non riusciamo ad immaginare nulla con cui sostituire questo imperfetto modello sociale. Tra l’altro con questo ragionamento avrete anche compreso una delle vere funzioni delle tasse, non certo pagare la spesa pubblica, ma rimuovere la moneta creata in eccesso per obbligare la popolazione a continuare a lavorare.

Tornando all’exit quindi, scusandomi per la divagazione, è chiaro che lo Stato potrà emettere istantaneamente tutto il denaro necessario a far sì che ogni lavoratore sul territorio italiano sia motivato a proseguire nelle sue ordinarie occupazioni. Anzi solo con l’exit lo Stato finalmente potrà assorbire nel settore pubblico tutti i lavoratori disoccupati, poiché finalmente libero da regole artificiali che prima lo vietavano. Ed infatti questo è ciò che davvero conta perché, al contrario dell’irrilevanza della fuga dei capitali, è invece estremamente importante la capacità di produzione reale di un Paese. In sostanza se è vero che non mi importa nulla del fatto che il ricco imprenditore porti all’estero i suoi soldi prima dell’exit, mi importerà moltissimo invece se quello stesso ricco imprenditore dovesse chiudere le sue fabbriche, smantellandole.

Ma grazie al cielo una fabbrica si sposta molto più lentamente di un bit e dunque non esiste avvertimento che possa consentire la deindustrializzazione immediata e completa del Paese. Il processo, come abbiamo anche visto in questi anni, è certamente progressivo ma fortunatamente lento, dunque non sarà certo una campagna elettorale fatta con il chiaro intento di lasciare l’euro a danneggiarci. Chi dice il contrario, come peraltro aveva fatto Di Maio personalmente con me, è solo un ignobile bugiardo, oppure un ignorante di proporzioni colossali.

Ovvio poi che l’exit richieda casomai un piano industriale, che comprenda anche le necessarie nazionalizzazioni nei settori di interesse strategico, nonché l’esatto calcolo del fabbisogno nazionale nei vari settori al fine di far sì che il Paese sia autosufficiente fin dalle prime ore post liberazione nelle quali tutti dovremmo rimboccarci davvero le maniche. Visto che nazionalizzazioni e piani industriali avvengono nel mondo reale, e non sui bit del computer, la popolazione deve aver chiaro l’idea di Paese che ha una forza politica, il piano industriale non può passare senza il consenso popolare.

Un problema ulteriore sorgerà poi laddove mi mancheranno, al momento dell’exit, beni o materie prime che siano indispensabili ma non immediatamente producibili. Fermo restando che il piano industriale dovrà tendere all’autarchia quantomeno nei settori essenziali, ovvero quello energetico, quello alimentare e quello sanitario, tale autonomia non è ottenibile seduta stante, nelle 24 ore dall’exit. La gente dunque non deve aver paura del fatto che il bancomat funzioni o meno, ma deve preoccuparsi di soddisfare i suoi bisogni essenziali.

Anche per tutto questo non vi è alcuna controindicazione dal fatto di non mantenere alcuna segretezza sui piani di uscita, anzi collaborando con tutte le eccellenze del Paese (non solo con il tuo partito!) sarà più facile redigere il piano industriale. L’Italia del resto è un Paese che, malgrado la deindustrializzazione dovuta all’euro, è ancora forte dal punto di vista produttivo quindi non vi sono ragioni reali per cui il resto del mondo non dovrebbe più scambiare beni o servizi con noi nel momento in cui decidessimo legittimamente di riscattare la nostra sovranità. Ogni azione in tale direzione sarebbe solo una mera ritorsione. In definitiva anzi, una sorta di embargo economico contro di noi, per la semplice volontà di riscattare la nostra sovranità, da qualsivoglia Paese dovesse arrivare, dovrebbe essere interpretato e trattato come si interpreta e tratta un atto di guerra.

Ritornando al tema centrale di questo articolo, la segretezza appunto, si comprende ulteriormente come essa sia inutile, perché anche uscendo in gran segreto dall’euro e avendo così conservato sul territorio tutti i capitali (ovvero bit sui computer e i pochi contanti in euro esistenti), avrò comunque il medesimo problema reale di riassetto del nostro sistema produttivo. Peraltro, sempre sulla fuga di capitali, mi piace ricordare che questi benedetti capitali non partono con lunghe carovane che richiedono tempi di carico e trasporto, ma che, essendo bit su terminali, possono uscire con un click anche un secondo dopo aver annunciato l’exit, rendendo completamente inutile anche in questo senso la pregressa segretezza.

Casomai ciò che può fermare la fuga di quei bit è il totale controllo del software e dell’hardware necessari a far spostare il denaro, possibile solo nazionalizzando l’intero settore creditizio. Azione che i grandi strateghi di lega e cinque stelle non hanno la benché minima intenzione di fare. Ancora più facile è smontare la seconda delle tesi che giustifica la segretezza, quella che ci fa credere che così sia più facile trattare con Bruxelles.

In primo luogo Bruxelles non tratta e non tratterà mai, Bruxelles è solo l’incarnazione reale del potere virtuale dei mercati, Bruxelles non ha un pensiero autonomo, ma risponde solo al capitale e il capitale non vuole Stati che ne ostacolino i margini di manovra, punto. Bruxelles in definitiva non è un interlocutore, ma un nemico da abbattere e per abbatterlo basta riaffermare il potere d’imperio normale del nostro Stato. Trattare con Bruxelles senza sovranità monetaria è un suicidio. Peraltro se il problema fosse, come ci ripetono, la fuga dei capitali che senso avrebbe andare a trattare? Li farebbe solo fuggire. Insomma la posizione di chi vede nel cambio di rotta di lega e cinque stelle una strategia è, sotto il profilo logico, demenziale. 

Infine l’ultima trovata, la novità delle ultime ore. Non si può dire che vogliamo uscire perché sennò Mattarella non darebbe l’incarico di governo. Ora, proviamo a spiegarlo facile facile. Il Presidente del Consiglio è nominato dal PdR che poi, su proposta di questi, nomina i Ministri. Dunque Mattarella può prendere in ostaggio la Repubblica? No. Perché? Per la semplicissima ragione che il Governo nominato deve poi avere la fiducia delle Camere e se alle Camere, Lega Nord e Cinque Stelle hanno la maggioranza, Mattarella può solo andarsi a fare una bella dormita, magari dopo aver confessato tutto il suo sconforto ai suoi amici della Commissione Trilaterale e a Giorgio Napolitano.

E poi, diciamola tutta, se Lega e Cinque Stelle dicessero che Mattarella non gli consente di fare il Governo, quanta gente ci sarebbe pronta a scendere in piazza? Il Quirinale non ha davvero alcuna via d’uscita difronte alla netta affermazione della sovranità popolare. La strategia insomma è una grande sciocchezza.

O meglio, una strategia in realtà esiste. Come sono stati usati i partiti di sinistra per tradire i lavoratori e distruggere i diritti, stavolta il compito dei vertici di Lega e Cinque Stelle, in chiara collusione con i poteri economici, è solo quello di disattivare il dissenso sovranista e traghettarlo verso gli Stati Uniti d’Europa che, dopo il sì tedesco, dovranno essere completati entro il 2025.

Buon risveglio a tutti… nella speranza che questa analisi sia la più grande figura di merda di tutta la mia vita. Me lo auguro con tutto me stesso!

Avv. Marco Mori, CasaPound Italia, autore de “Il tramonto della democrazia, analisi giuridica della genesi di una dittatura europea” disponibile on line su ibs