Gen 30

Emma Bonino, Keynes ti definirebbe “obnubilata”.

In questa campagna elettorale che mi vede in corsa alla Camera in Liguria al fianco di CasaPound Italia, assisteremo ad una vera competizione tra chi si contenderà il premio del miglior collaborazionista di quei poteri economici, che stanno spazzando via la nostra economia, il nostro popolo e la nostra dignità.

Si invoca da più parti la nascita degli Stati Uniti d’Europa, concetto addirittura che è entrato a pieno titolo nel programma politico del Partito Democratico e della Lista “Più Europa” di Emma Bonino. La Bonino gode anche degli appoggi di uno dei più pericolosi criminali internazionali, George Soros, l’uomo che, assieme ad altri vili speculatori, guidò l’attacco alla Lira del 1992, attacco che portò alla perdita del 30% del valore della nostra moneta.  Fortunatamente allora, in quello che possiamo definire come l’ultimo atto di patriottismo della nostra classe politica, il Paese abbandonò il sistema di cambi fissi dello SME, ridando così impulso ad un’economia reale che altrimenti sarebbe stata spazzata via. Soros peraltro di recente ricevuto da Gentiloni addirittura con tutti gli onori a Palazzo Chigi, atto di straordinaria gravità, oltre che di grande impatto simbolico per far capire chi comanda davvero in Italia.

Oggi, come allora, la fine della crisi passa solo dal riscatto della sovranità nazionale ed in particolare di quella monetaria. Al contrario le citate forze politiche propongono programmi spiccatamente eversivi, che imporrebbero giuridicamente lo scioglimento delle stesse. Pacifico infatti che stante la definitività della forma repubblicana, disposta nell’art. 139 Cost., è assolutamente impensabile l’idea di creare un nuovo Stato, visto che l’ingresso in esso è indiscutibilmente incompatibile con il mantenimento della forma repubblicana stessa.

Tali programmi dovrebbero dunque passare al vaglio della magistratura e con i vertici di CasaPound valuteremo certamente cosa fare in proposito. Chi ha un programma eversivo deve essere processato e non certo partecipare alle elezioni.

In questo quadro poi la lista della Bonino, appunto grazie all’appoggio di Soros, riesce addirittura a superare il PD, la propaganda di più Europa è un  vero insulto all’intelligenza. In rete è un continuo cinguettare da parte di Emma con equiparazioni tra il concetto di Stato e quello di famiglia, cercando di far passare l’idea, tecnicamente folle, che gli Stati siano soggetti alle regole del diritto commerciale e possano fallire. Chiaro è che uno Stato che detiene la sovranità può perire solo per ragioni pubblicistiche e mai per ragioni commerciali, per la semplice ragione che lo Stato emette la sua moneta di cui è il solo titolare ultimo risultando sempre e comunque sovraordinato a qualsivoglia soggetto privato che con esso non può competere.

Ovvio che a criminali come Soros uno Stato che possa limitare il suo potere non va giù ed ecco che si serve di politici obnubilati, come li chiamerebbe Keynes, per diffondere menzogne che il pubblico può finire per considerare reali. Proprio citando Keynes voglio concludere questo pezzo con un suo brano scritto nel 1933, Autarchia Economica. Rimando dunque al padre della macroeconomia la spiegazione tecnica, ma alla portata di tutti, di quanto siano vergognose le menzogne della Bonino e del PD.

“Il secolo XIX aveva esagerato sino alla stravaganza quel criterio che si può chiamare brevemente dei risultati finanziari, quale segno della opportunità di una azione qualsiasi, di iniziativa privata o collettiva. Tutta la condotta della vita era stata ridotta a una specie di parodia dell’incubo di un contabile. Invece di usare le loro moltiplicate riserve materiali e tecniche per costruire la città delle meraviglie, gli uomini dell’ottocento costruirono dei sobborghi di catapecchie; ed erano d’opinione che fosse giusto ed opportuno di costruire delle catapecchie perché le catapecchie, alla prova dell’iniziativa privata, «rendevano», mentre la città delle meraviglie, pensavano, sarebbe stata una folle stravaganza che, per esprimerci nell’idioma imbecille della moda finanziaria, avrebbe «ipotecato il futuro», sebbene non si riesca a vedere, a meno che non si abbia la mente obnubilata da false analogie tratte da una inapplicabile contabilità, come la costruzione oggi di opere grandiose e magnifiche possa impoverire il futuro. Ancor oggi io spendo il mio tempo, – in parte vanamente, ma in parte anche, lo devo ammettere, con qualche successo, a convincere i miei compatrioti che la nazione nel suo insieme sarebbe senza dubbio più ricca se gli uomini e le macchine disoccupate fossero adoperate per costruire le case di cui si ha tanto bisogno, che non se essi sono mantenuti nell’ozio. Ma le menti di questa generazione sono così offuscate da calcoli sofisticati, che esse diffidano di conclusioni che dovrebbero essere ovvie, e questo ancora per la cieca fiducia che hanno in un sistema di contabilità finanziaria che mette in dubbio se un’operazione del genere «renderebbe». Noi dobbiamo restare poveri perché essere ricchi non « rende ». Noi dobbiamo vivere in tuguri, non perché non possiamo costruire dei palazzi, ma perché non ce li possiamo «permettere».

La stessa norma, tratta da un calcolo finanziario suicida, regola ogni passo della vita. Noi distruggiamo le bellezze della campagna perché gli splendori della natura, accessibili a tutti, non hanno valore economico. Noi siamo capaci di chiudere la porta in faccia al sole e alle stelle, perché non pagano dividendo. Londra è una delle città più ricche che ricordi la storia della civiltà, ma non si può «permettere» i massimi livelli di civiltà di cui sono capaci i suoi cittadini, perché non «rendono».
Se io oggi avessi il potere, mi metterei decisamente a dotare le nostre capitali di tutte le raffinatezze dell’arte e della civiltà, ognuna della più alta e perfetta qualità, di cui fossero individualmente capaci i cittadini, nella persuasione che potrei permettermi tutto quello che potessi creare, – e nella fiducia che il denaro così speso non solo sarebbe preferibile ad ogni sussidio di disoccupazione, ma renderebbe i sussidi di disoccupazione superflui. Con quello che abbiamo speso in Inghilterra, dalla guerra in poi, in sussidi di disoccupazione, avremmo potuto fare delle nostre città, i maggiori monumenti dell’opera dell’uomo.
O anche, per fare un altro esempio, sino a poco tempo fa, abbiamo considerato come un dovere morale di rovinare i lavoratori della terra e di distruggere le secolari tradizioni collegate all’agricoltura, solo che potessimo ottenere un filo di pane mezzo centesimo più a buon mercato. Non c’era più niente che non fosse nostro dovere di sacrificare a quest’idolo, Moloch e Mammone insieme; perché noi fiduciosamente credevamo che l’adorazione di questi mostri avrebbe vinto i mali della povertà e condotto la prossima generazione, sicuramente e comodamente, in sella agli interessi intrecciati, verso la pace economica.

Oggi noi soffriamo una delusione, non perché siamo più poveri di quello che eravamo, – al contrario, anche oggi, in Inghilterra almeno, noi godiamo di un tenore di vita più elevato che in ogni altra epoca, – ma perché ci pare che altri valori siano stati sacrificati e perché ci sembra che siano stati sacrificati senza necessità. Infatti, il nostro sistema economico non ci permette davvero  di sfruttare al massimo le possibilità di ricchezza economica offerteci dai progressi della tecnica, resta anzi ben lontano da questo ideale, e ci fa sentire come se avessimo potuto benissimo usare tutto il margine disponibile in tanti altri modi più soddisfacenti.
Ma, una volta che ci siamo permessi di disubbidire al criterio dell’utile contabile, noi abbiamo cominciato a cambiare la nostra civiltà. E noi dobbiamo farlo molto prudentemente, cautamente e coscientemente. Perché c’è un ampio campo dell’attività umana in cui sarà bene che conserviamo i consueti criteri pecuniari. È lo Stato, piuttosto che l’individuo, che bisogna cambi i suoi criteri. È la concezione del Ministro delle Finanze, come del Presidente di una specie di società anonima, che deve essere respinta. Ora, se le funzioni e gli scopi dello Stato devono essere di tanto allargati, le decisioni riguardo a ciò che, parlando grossolanamente, dovrà essere prodotto nel paese e ciò che dovrà essere ottenuto in cambio dall’estero, dovranno essere tra le più importanti della politica“.

Chi non rivendica la nostra sovranità “senza se e senza ma” è dunque, nella più benevola delle ipotesi un obnubilato e nella peggiore un collaborazionista da punire ai sensi del codice penale vigente. La vera opposizione in Parlamento ci sarà solo con CasaPound, unica forza politica che ha compreso profondamente la radice della crisi e cosa va fatto per superarla.

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Avv. Marco Mori, autore de “Il tramonto della democrazia, analisi giuridica della genesi di una dittatura europea”, disponibile on line su ibs