Nov 04

Economia, quali sono i provvedimenti che il Governo dovrebbe attuare?

La bontà o meno dell’operato del nuovo Governo si misurerà principalmente sulle questioni economiche, su cui le premesse, viste le dichiarazioni e il nome del Ministro dell’Economia, non sono certamente confortanti. 

La Meloni si pone sulla linea dell’austerità e del rispetto dei vincoli dell’Unione Europea e purtroppo, posto che la crisi dipende proprio da questo, al netto degli shock esterni degli ultimi periodi, una simile posizione non induce ad ottimismo circa un miglioramento delle condizioni del Paese.

Preso atto che il  Governo non adotterà quindi misure dirette al riscatto delle leve di sovranità, la sola domanda da porsi è se ci sono, all’interno dell’euro, metodi che possano risultare idonei quantomeno a ridurre l’impatto recessivo del pilota automatico di Bruxelles. La risposta a tale domanda in realtà, salvo che non si accetti appunto di entrare in diretto conflitto con l’Unione stessa e con i mercati finanziari che essa rappresenta, sostanzialmente negativa. Ciascuna infatti delle azioni che vi spiegherò in questo articolo, pur essendo giuridicamente possibile anche nell’Unione, scatenerebbero una reazione che ad un certo punto ci porterebbe a dover scegliere tra la resa e l’auspicata Italexit.

Ma andiamo appunto ad esaminare come potrebbe essere possibile dare battaglia dentro le regole europee.

1. Incremento della spesa pubblica in deficit.

La prima decisione che invertirebbe la rotta, portando il Paese fuori dalla spirale recessiva, è l’aumento della spesa pubblica, chiaramente da finanziare in deficit e non certo incrementando una pressione fiscale già insostenibile, pressione che anzi dovrebbe essere drasticamente ridotta. La spesa pubblica contrariamente alla narrazione dominante, di matrice liberista, è la componente più importante del PIL. Da essa ovviamente dipendono anche gli stessi consumi privati che chiaramente vengono stimolati da un aumento della quantità di moneta che circola nel sistema. 

La spesa pubblica in definitiva è il reddito diretto (per chi la percepisce) o indiretto (appunto per chi ne beneficia alla luce della circolazione della relativa moneta nel sistema) di tutti i cittadini.

Come noto le richieste che arrivano dall’Unione e anche quelle imposte dal PNRR sono tutte dirette ad una riduzione della spesa nella falsa convinzione che il suo aumento peggiorerebbe il rapporto tra debito e prodotto interno lordo e tra deficit e pil. Proprio sulla contestazione di tale dato contabile potrebbe aprirsi un fronte di battaglia con Bruxelles. Infatti è completamente falso che l’aumento della spesa pubblica peggiori il rapporto tra debito e PIL. In sostanza se il Governo volesse fare qualcosa di davvero utile per il Paese potrebbe fare spesa, ad esempio assumendo nel settore pubblico dove c’è carenza di organico in ogni settore. Se si mettesse a bilancio una spesa in stipendi di 100 miliardi in più all’anno (cifra addirittura inferiore a quanto servirebbe in un’economia depressa come la nostra da trent’anni di austerità), il PIL salirebbe della stessa misura già al primo passaggio di denaro tra Stato e dipendenti. Pertanto mentre il deficit ed il debito salirebbero di 100 miliardi anche il denominatore del rapporto, appunto il PIL, aumenterebbe degli stessi 100 miliardi. Posto che la matematica, tranne che per i seguaci del liberismo e gli scagnozzi dei gruppi di potere sovranazionale, non è un’opinione se in questa frazione il numeratore sale quanto il denominatore il rapporto complessivo non peggiora affatto (anzi nel caso specifico il rapporto debito/pil migliora)

Togliere dalla disoccupazione milioni di persone assumendole nel settore pubblico non peggiora i conti pubblici e certamente migliora la realtà in cui viviamo. Anzi la verità è addirittura migliore. Chi riceve uno stipendio che prima non aveva ovviamente spende in beni e servizi e i consumi sono a loro volta PIL. In sostanza il cosiddetto moltiplicatore di un euro di spesa pubblica in stipendi è maggiore di uno, ad ogni euro in stipendi il PIL sale di più di un euro (salirà anche del doppio!), pertanto l’aumento della spesa riduce sia il rapporto tra deficit e pil che quello tra debito e pil.

Chi può in un simile contesto rompere le uova nel paniere? Ovviamente i soliti mercati e la relativa speculazione a cui siamo esposti in assenza di sovranità monetaria e di controllo della banca centrale. In sostanza la reazione ad un piano espansivo potrebbe chiaramente essere l’aumento dei tassi di interesse sulle obbligazioni emesse. Ma al di là che ogni aumento sarebbe ampiamente compensato dalla maggiore crescita del prodotto interno lordo, l’intervento diretto a fermare la speculazione sarebbe in ogni caso possibile da parte del Governo. Come? Attuando la seconda delle misure indispensabili per dare battaglia anche dentro le regole UE.

2. Controllo pubblico di una o più banche.

Se lo Stato, con i poteri conferiti dalla Costituzione, nazionalizzasse una o più banche avrebbe la possibilità di acquistare direttamente le obbligazioni emesse così calmierando il costo degli interessi ed anzi facendo in modo che creditore e debitore delle stesse si riuniscono nella stessa persona giuridica, appunto lo Stato. Un’operazione semplice, consentita dai trattati, e con la quale si manderebbero letteralmente a quel Paese le forze ostili che attraverso la speculazione volessero fermare le politiche espansive poste in essere. Ovviamente sono scelte coraggiose, ma assolutamente possibili e se la reazione di Bruxelles fosse comunque violenta non ci sarebbe momento migliore per lasciare la gabbia e tornare alla nostra moneta.

Avere banche pubbliche consentirebbe la creazione di moneta elettronica e di conseguenza l’espansione della base monetaria anche in riferimento al credito privato, tra l’altro con logiche di sviluppo anziché di mero profitto come fanno le banche private.

3. Emissione di strumenti monetari o simil monetari di natura complementare.

Altro modo per difendersi dentro la gabbia è creare strumenti di pagamento delle obbligazioni che funzionino come moneta, pur non essendolo sul piano formale. Su questo tema la reazione UE potrebbe essere più aggressiva visto che è assai discutibile che tale scelta sia legittima in base ai trattati europei, in passato ho più volte argomentato che non lo fosse. Tuttavia un Governo che tirasse dritto godrebbe degli indubbi benefici di un aumento della base monetaria circolante in assenza di emissione di nuove obbligazioni. Recentemente il bonus del 110% rappresentava uno di questi esempi, non a caso è stato stoppato. Il bonus, se i crediti fiscali possono circolare senza intoppi, costituisce letteralmente l’equivalente di una moneta. Dunque nuova moneta che entra nell’economia. 

Anni fa poi il governo giallo verde ipotizzò, prevalentemente a fini propagandistici ed elettorali, i cosiddetti mini bot. Anche qui si trattava di emettere strumenti, nel caso obbligazioni, che però possano essere usati come moneta circolando liberamente tra i cittadini per estinguere le obbligazioni. Anche tale strumento sarebbe benefico per l’economia. Poi anche qui il punto è come reagire alla reazione di Bruxelles, se non si avesse intenzione di arrendersi alle prime inevitabili azioni ostili si aprirebbe un terreno di scontro decisamente interessante. Se la reazione fosse bloccare i sistemi di pagamento, cosa che ritengo possibile, dal nostro punto di vista andrebbe tutto bene, quale occasione migliore per lasciare la moneta unica?

4. Acquisizione di asset strategici.

L’ultima azione, non certo per importanza, che un governo che avesse a cuore il bene del Paese dovrebbe fare è quello di tornare protagonista nell’economia con un piano industriale che comprenda la nazionalizzazione degli asset strategici e punti con decisione ad un’autonomia nei settori da cui dipende la sopravvivenza del Paese in primis energia, sanità e alimenti.

Per farlo occorrerebbe la volontà politica di fare spesa pubblica e di andare contro alle regole che in Europa impongono le privatizzazioni. Il piano industriale è peraltro elemento indispensabile per pianificare l’uscita dalla gabbia europea che ovviamente oltre al mondo virtuale deve pensare a quello reale e dunque a cosa produrre e come produrlo. Fare passi in questa direzione invertirebbe la rotta dello spoglio della sovranità nazionale e ci darebbe armi per combattere contro le ritorsioni di Bruxelles.

In conclusione tanto più un governo emetterà provvedimenti aderenti ai punti che vi ho descritto tanto più sarà efficace la sua azione per migliorare la vita dei cittadini. Ma chiaramente tanto più si agirà come io auspico tanto più sarà inevitabile uscire dall’UE.

Dunque temo che quanto scritto resterà pura utopia, se il governo è atlantista ed europeista non scontenterà mai Bruxelles e i mercati, neppure dove i trattati lascerebbero comunque un margine di manovra. E poi credo che a questo esecutivo manchi anche un’altra fondamentale caratteristica, il coraggio.

Marco Mori – Italexit

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