Mag 04

I primi cento giorni: ecco cosa dovrebbe fare un governo sovranista.

Continuo la pubblicazione dell’ultimo capitolo del mio libro “La morte della Repubblica, gli Stati Uniti d’Europa”. Si entra nella parte più importante, quella delle azioni che dovrebbe compiere un governo che vuole ridare la sovranità al popolo italiano.

I primi cento giorni.

Vediamo dunque ciò che si potrebbe fare se al timone del paese ci fosse finalmente qualcuno capace di ragionare e di pensare fuori dai dogmi che ci hanno inculcato in questi anni. Ecco cosa farebbe un Governo di salvezza nazionale nei primi cento giorni.

A) Nazionalizzazione integrale del settore creditizio.

L’exit presuppone un’altra azione di cui oggi praticamente nessuno vi ha mai parlato, anche perché non esiste proposta che più di questa vada contro gli interessi economici internazionali. Parlo dell’integrale nazionalizzazione del sistema creditizio a cui poi dovrà affiancarsi, benché non indispensabile al momento stesso dell’euroexit, quella delle assicurazioni. Non vi parlo dunque di banca pubblica, strumento possibile anche a legislazione europea vigente, vi parlo di cancellare per sempre i privati dal settore creditizio.

La nazionalizzazione andrà poi mantenuta per sempre, non dovrà dunque essere limitata al periodo a cavallo dell’uscita dell’Italia dalla moneta unica. Anzi occorre una modifica dell’art. 47 della Costituzione. Tale norma prevede già, come vi ho raccontato, che la Repubblica debba controllare, coordinare e disciplinare il credito, ma occorre precisarne meglio la portata aggiungendo espressamente il divieto per qualsivoglia soggetto privato di erogare credito o raccogliere risparmio. La nazionalizzazione non riguarderà solo banche (e gruppi assicurativi) di proprietà italiana, ma anche quelle di proprietà straniera presenti sul territorio italiano, che devono cessare ovviamente di operare e ciò nel pieno rispetto dei requisiti dell’art. 43 Cost. La nazionalizzazione del sistema creditizio infine permetterà allo Stato di disporre fin dal primo secondo successivo all’exit di un sistema di pagamenti elettronici già pronto e funzionante e di non subire qualsivoglia ricatto, perché tutti i mezzi di pagamento sul territorio nazionale saranno sotto il controllo pubblico. Oggi dovete ricordare che il sistema di pagamenti elettronici, che siamo abituati ad utilizzare, viaggia su circuiti che non sono sotto il controllo dello Stato. Sono canali, nei fatti privati, di cui non disponiamo e da cui conseguentemente potremmo essere immediatamente tagliati fuori. Potete meglio comprendere l’importanza di tale azione soprattutto se considerate che il denaro contante richiederebbe mesi per la stampa e la distribuzione capillare, ma a noi servono metodi di pagamento già funzionati fin da un secondo dopo l’exit, altrimenti l’economia si incepperebbe con danni catastrofici, che porterebbero inevitabilmente anche alla perdita del consenso nella spinta rivoluzionaria che vogliamo portare avanti.

La ragione poi per cui la nazionalizzazione di questo settore andrà mantenuta anche dopo l’exit è invece una ragione prevalentemente politica. Una banca è per definizione un potere economico così forte da essere in grado di influenzare la politica, le banche svolgono attività talmente uniche che non possono essere considerate alla stregua di qualsivoglia altra impresa. Le banche assolvono infatti alla fondamentale funzione, unica nel suo genere, di espandere o contrarre il credito, spesso si dice che anche le banche commerciali creino moneta dal nulla, come le banche centrali di cui si è detto: è un’affermazione nei fatti quasi esatta. Esse con le attuali normative non creano, da un punto di vista tecnico, propriamente moneta avente corso legale, ma creano promesse di pagamento che circolano come moneta. Questa è la vera natura giuridica della cosiddetta moneta elettronica. In sostanza per noi è moneta a tutti gli effetti, non perché abbia reale circolo forzoso, anche se esistono norme pensate appositamente per incentivarne l’uso dietro le più disparate scuse (si pensi alla normativa antiriciclaggio o alla lotta all’evasione fiscale), ma perché comunemente l’accettiamo come mezzo di pagamento delle obbligazioni. Vi riporto direttamente un recente comunicato della Banca d’Italia che spiega bene cosa sia la moneta elettronica:

Nel portare a termine una transazione pecuniaria famiglie e imprese possono utilizzare oltre alla moneta con corso legale anche mezzi di pagamento privati, definiti e regolati da accordi tra le parti. I depositi bancari a vista, ad esempio, sebbene privi di corso legale costituiscono un mezzo di pagamento molto diffuso poiché il depositante può chiederne la conversione in moneta legale al valore nominale pieno in qualsiasi momento. Il bancomat, l’assegno, la carta di credito e il bonifico, sono strumenti comunemente utilizzati per il trasferimento di depositi nelle transazioni pecuniarie che, quando avviene tra clienti di banche commerciali diverse, è reso possibile da movimenti di riserve sui conti detenuti dagli istituti di credito presso la banca centrale“.

A questo punto vi chiederete, ma se anche le banche commerciali, come quelle centrali, creano “moneta”, seppur elettronica, come possono fallire? Bene, anche questo è un fatto normativo, una convenzione dunque. Avete così capito peraltro che la rovina di tanti risparmiatori coinvolti nelle crisi bancarie, è stata solo una vergognosa scelta politica.

Il fallimento di una banca è un aspetto virtuale legato alla legge e non un dato legato ad una realtà empirica. Esistono norme giuridiche internazionali che ci dicono quanto una banca può indebitarsi attraverso la creazione di promesse di pagamento (appunto che è poi ciò che circola come moneta) rispetto alla propria capitalizzazione reale. Tale capitalizzazione comprende chiaramente anche i depositi dei clienti, che, anche questo è bene comprenderlo, ex art. 1834 c.c., diventano di proprietà della Banca nel momento in cui versate i vostri soldi sui conti. Capite bene che un simile potere in mano ad un privato è troppo distorsivo dei normali equilibri democratici e deve essere sotto il pieno controllo pubblico e di riflesso della sovranità popolare.

Detto in modo ancora più brutale, se andate in banca a chiedere un mutuo, la banca crea quei soldi da zero. Facciamo siano centomila euro. La Banca li mette sul vostro conto corrente e contemporaneamente nel proprio bilancio segna come posta attiva proprio i centomila euro a vostro nome, in quanto depositati nel conto corrente acceso presso di loro. Parimenti, al passivo, figureranno i centomila euro creati. Trattasi solo di un’operazione contabile, la banca non prende i centomila euro da nessuno per darli a chi richiede il prestito. Pertanto, siccome i soldi, o meglio queste promesse di pagamento, sono create dal nulla, ecco che i centomila euro sono finiti nell’economia reale e contribuiscono ad espandere la quantità di moneta complessiva esistente. Trattasi davvero di un potere immenso, inaccettabile se in capo ad un soggetto privato, che con tale leva finanziaria può decidere quali settori economici o dei consumi finanziare e quanto finanziarli, sono scelte che influenzano a monte l’intero paese. La banca potrebbe decidere di finanziare con questo sistema anche un partito, ed abbiamo visto che usano farlo. A quel punto a chi mai risponderà quel partito? Agli elettori o alla banca finanziatrice?

Controllare il credito consente anche di controllare la produzione e, se sarà nuovamente lo Stato a farlo, potrà influenzare con facilità l’economia e lo potrà fare senza neppur dover intervenire in modo troppo evidente. Ad esempio, se vogliamo che le nostre fabbriche sfornino automobili che non abbiano impatto ambientale, basterà finanziare unicamente il consumo di auto elettriche e non finanziare le auto con motori a combustione. La produzione dovrà immediatamente adeguarsi alla nuova domanda indotta attraverso un credito mirato. Dunque il controllo del credito consente appunto di ridurre la necessità dello Stato di intervenire capillarmente, rappresentando una sorta di controllo a monte sull’intera economia.

Nonostante ciò esistono, eccome, ampie nazionalizzazioni da attuare anche in altri settori in quanto necessarie a tutelare gli interessi collettivi della nazione e sono ovviamente quelli che riguardano gli interessi strategici con la necessaria ricostruzione di una nuova IRI, che dovrà divenire ancora una volta il motore dell’intervento di Stato nell’economia così dando piena attuazione al nostro modello economico costituzionale con particolare riferimento ai già citati artt. 41, 42 e 43 Cost.

Per darvi peraltro un’ultima idea di cosa intendo con il potere politico che consegue dal controllo di una banca commerciale vi cito un dato eloquente, se comprendiamo anche le promesse di pagamento bancarie nel denaro circolante, scopriamo che ben il 97% della moneta ha questa forma oggi in Italia.

Marco Mori, candidato alle elezioni europee 2024 nella circoscrizione nord occidentale nella lista Libertà.