Lug 23

Il governo ha una strategia per restituire sovranità all’Italia?

Dall’insediamento del nuovo Governo “giallo-verde” va avanti il dibattito sulla presunta strategia che nasconderebbero nel taschino per restituire sovranità ed indipendenza all’Italia. Le dichiarazioni pro euro e pro Ue, sarebbero dunque una mera finzione. 

I “sovranisti”, che ancora credono nel Governo, hanno accettato i contenuti del contratto, solo sul presupposto di credere fermamente che il rimangiarsi le posizioni euroscettiche sia stata solo una scaltra strategia. Per ribellarsi a Bruxelles, dicono, occorre prepararsi bene. Come se poi Bruxelles fosse così fessa da farsi fregare solo cambiando la comunicazione, curiosa tesi questa…

Quindi devo purtroppo dirvi che non è affatto così. Per carità non mi piace raccontare ai bimbi che Babbo Natale non esiste, ma questo è il mio ruolo, per fermare ciò che ormai pare davvero difficile impedire, ovvero la nascita degli Stati Uniti d’Europa e la consequenziale fine della nostra Repubblica.

Gli stessi (ex) profeti “no-euro”, oggi all’interno delle Istituzioni, fino a qualche mese fa tuonavano contro ogni posizione “battipugnista” con Bruxelles, spiegando a tutti chiaramente che l’Europa non si cambia, dirlo è solo marketing politico. Ormai tuttavia si sono appiattiti su tale marketing, compiendo non uno, ma ben due errori catastrofici. 

Il primo ovviamente è dare credibilità a chi non farà nulla per l’interesse nazionale, così contribuendo a disattivare il dissenso. Il secondo errore catastrofico è invece pensare che l’Europa non cambierà, mentre i passi avanti per l’Europa sono per definizione cambiamenti.

Il cambiamento quindi avverrà, ma certamente non in meglio. Come ho spiegato più volte i vincoli di bilancio non erano un fine, ma solo un mezzo: un mezzo per obbligarci a cedere sovranità attraverso la crisi economica che da essi sarebbe scaturita.

L’ultima funzione dei vincoli di bilancio sarà proprio quella di sparire in contropartita alle finali e definitive cessioni di sovranità necessarie agli USE. Insomma, con buona pace dei “profeti”, la Germania non ha mai segato il ramo su cui era seduta, ed era da veri imbecilli sostenerlo. Semplicemente agiva in esecuzione ad ordini e strategie che venivano dal potere economico e finanziario sovranazionale. Non penserete davvero che sia stata la signora Merkel a comandare in Germania e in Europa in questi anni, vero?

La Germania oggi, con la nuova larga coalizione al Governo, è espressamente favorevole alla road map verso gli Stati Uniti d’Europa, che anzi è addirittura tedesca, precisamente a firma di Martin Shultz. Il termine per il suo completamento è già fissato per il 2025.

La tempesta che si scatenerà con la fine degli acquisti di titoli di Stato da parte di BCE, tempesta, sia chiaro, che stanno per scatenare volontariamente i padroni dell’euro (dunque non certo per farlo crollare), obbligherà tutti ad accettare le prossime mosse. Il compito di ogni stato membro a questo punto sarà solo quello di preoccuparsi di rendere le riforme politicamente appetibili al popolo, ecco perché in Italia non poteva essere il PD a finire il lavoro. Serviva qualcuno che godesse di un ampio consenso popolare.

Questa quindi la grande funzione, appunto di marketing, del governo giallo-verde. La caccia al “nero”, se mi passate il termine, è in questo senso diventata uno strumento, appunto uno strumento di costruzione del consenso.

Sappiamo infatti perfettamente che l’immigrazione incontrollata è certamente una follia, oltre che un business. Sappiamo anche che così non risolviamo né i problemi di chi emigra, né quelli di chi accoglie. Tuttavia il problema non è risolvibile senza sovranità e senza un intervento sulle cause. Senza i soldi non è neppure possibile espellere chi delinque, che dal punto di vista dell’ordine pubblico, sarebbe poi il punto principale, addirittura prioritario allo stop dei flussi in quanto tali.

Respingere qualche barcone, peraltro mentre gli sbarchi continuano, ovviamente è per definizione marketing. Chiedere poi interventi europei e riforme è appunto un modo di convincere il popolo che la risposta debba essere europea e che stanno riuscendo effettivamente a cambiare questa Europa brutta e cattiva. Non avete sentito già dire che questo governo ha ottenuto con l’Europa più di quanto mai visto prima? Bene, ancora una volta, questo è marketing… 

Ma torniamo alla strategia. C’è, come vi ho detto, chi dice che stanno prendendo tempo, consolidando il consenso su temi, come appunto i migranti, per poi muovere guerra alla fortissima Ue sulla governance economica.

Tecnicamente è una balla tragicomica. Il Governo in due mesi non ha fatto un provvedimento che possa aumentare le nostre chance di non soccombere nel confronto con Bruxelles, la Grecia non ha insegnato nulla ai nostri novelli Tsipras. E per la cronaca ai tempi io in Tsipras un po’ credevo, lo ammetto… Nel mentre Bagnai mi dava del “coglione” ricordandomi che, chi non vuole uscire unilateralmente dall’euro, non combinerà mai nulla… aveva ragione lui! Lo strano è però che oggi i ruoli si sono invertiti… potenza delle poltrone…

Ma veniamo al dunque. Dal punto di vista monetario, ci fosse buona fede, in vista dell’imminente fine del QE, il Governo avrebbe dovuto dare immediatamente avvio alla creazione dei tanto sbandierati “minibot”. Tale azione non è affatto una cosa rapida in virtù dei tempi di stampa della zecca, servono oltre sei mesi per averne abbastanza in circolazione. Chiaro, i trattati, al di là di qualche sciocchezza detta da giuristi improvvisati, ed il silenzio quasi complice di altri giuristi ben più titolati, vietano i “minibot” poiché la politica monetaria, in senso omnicomprensivo, appartiene, ex artt. 2 e 3 tfue, all’Ue. 

La reazione europea alla loro creazione sarebbe stata immediata e violenta. Con lo Stato messo in condizione, già dopo 30 giorni, di non avere liquidità per stipendi e pensioni da pagare, salvo appunto a quel punto uscire tout court dall’euro. 

Ma ovviamente, se la vostra idea è che oggi si stanno solo preparando a battere i pugni con Bruxelles senza essere sotto scacco, i “minibot” erano da fare ieri. Anzi già ieri sarebbe stato tardi. Arrivare alla fine del QE senza mettere in atto il solo mezzo con cui millantavano di fermare Bruxelles, indica malafede o, nella più benevola delle ipotesi, grande impreparazione.

Poi nel mentre che voi comunque state a riflettere delle strategie occulte, mi spiace farvelo notare, Giuseppe Conte, il 28 e 29 giugno, al Consiglio Europeo ha fatto i famosi fatti. Quali sono? Ha accettato di potenziare il MES (il terribile fondo salva Stati che presta soldi in cambio di misure politiche gradite) e di completare l’Unione Bancaria, causa diretta già di fallimenti di varie banche italiane (d’altronde perché si chiamerebbe Unione Bancaria secondo voi? Perché alla fine del processo di integrazione dovrà rimanere solo uno sparuto gruppo di grandi banche europee). Ma non è finita qui, Conte altresì ha accettato anche di aumentare l’austerità, approvando  espressamente le raccomandazioni UE per la chiusura del semestre europeo. Nel nostro futuro avremo avanzo primario (ovvero soldi in meno per i cittadini) a livelli record  (3,7% del PIL nel 2020) e taglio delle pensioni (non d’oro), provvedimento parimenti contenuto nelle raccomandazioni approvate da Conte.

Anche qui si dice che è solo strategia, poi la legge di stabilità sarà diversa… ancora una volta è l’ignoranza tecnica a fregare il cittadino comune. La legge di stabilità è infatti vincolata, non può discostarsi dal DEF, altrimenti sarebbe incostituzionale. Tutto questo non solo per il pareggio in bilancio inserito nell’art. 81 Cost, ma soprattutto per la legge 243/12, la normativa di attuazione del pareggio in bilancio firmata da Giorgetti e schizzofrenicamente votata dalla Lega Nord.

Se con la legge di stabilità si volesse fare qualcosa, prima andrebbe modificata tale norma di attuazione, consentendo di discostarsi dagli obiettivi di bilancio con maggiore semplicità o, meglio ancora, prevedendo che le coperture per nuove leggi comportanti spese siano fornite con l’emissione di biglietti di stato. Tutto questo lo potrebbe mettere in essere un governo che giuridicamente volesse dare battaglia. 

Ma chiaramente l’exit non è solo questo, per ora vi ho parlato solo di banalità di cui si è detto e ridetto in questi anni. L’exit infatti è prima di tutto il necessario piano industriale per una maggiore indipendenza del Paese. È l’interdipendenza economica il vero problema, la sola autentica barriera tra noi e la libertà. Parlo dell’impossibilità di uno stato, il giorno dopo l’exit, di garantire ai cittadini la sussistenza alimentare, l’energia e i farmaci, citando solo i settori davvero dove si parla di vita o di morte.

D’altronde i grandi gruppi finanziari sovranazionali da sempre considerano l’interdipendenza economica la via per piegare gli stati, e di riflesso i popoli, al loro volere. La moneta da sola non basta perché, se uno stato è tale, per decisione politica, torna a crearla dal nulla, liberandosi così da ogni potenziale ricatto. L’altro modo per essere indipendenti è poi avere un esercito tale da rappresentare un valido deterrente ad ogni aggressione, anche economica, ma questo è un altro discorso.

Ad ogni buon conto, per quanto qui interessa, se il Governo si stesse preparando davvero oggi farebbe due cose. Primo parlerebbe chiaramente della necessità di una nuova IRI e di un intervento massiccio dello stato in economia a garanzia della nostra indipendenza, ergo della nostra sicurezza nazionale. Oggi il consenso all’intervento dello Stato non c’è nella popolazione perché questi sciagurati al timone non ne hanno mai parlato, neppure in campagna elettorale. Anzi a dirla tutta, specialmente l’impresentabile Lega Nord, ha sempre parlato di meno stato come necessità, il che è perfettamente funzionale all’ordoliberismo. Ovviamente, ed è il secondo punto, oltre parlarne, il Governo dovrebbe agire subito per avere il controllo almeno nei tre settori chiave citati. Subito significa ancora una volta con decreti da fare ieri, non domani!

Invece il governo che fa? Emana il decreto dignità con cui fa marketing con la lotta alla ludopatia e la riduzione della portata e dell’applicazione dei contratti a tempo indeterminato. Sia chiaro non amo il gioco d’azzardo e non stimo Boeri, ma sono competente a differenza dei somari al timone del Paese. Dunque so perfettamente che, dentro l’euro, senza precariato, neppure si lavora. Combattere il contratto a tempo determinato significa creare, sic et simpliciter, più disoccupati. Ma nessuno ha avuto l’onestà intellettuale di ammetterlo. 

Chiaro che solo uscendo dall’euro si può tornare a dare dignità al lavoro e contratti a tempo indeterminato. I privati assumeranno quando la domanda interna ripartirà! Non è l’offerta a creare la domanda! Direttamente dal tema lavoro deriva anche un altro fondamentale intervento che lo stato dovrà attuare in parallelo al piano industriale: la massiccia assunzione di dipendenti nel settore pubblico fino al raggiungimento della piena occupazione. Fatto ciò scoprirete anche che questa azione, oltre ridare davvero dignità al popolo e far ripartire l’economia, ridurrà il rapporto debito/pil, attraverso una maggiore crescita. 

Insomma la sola vera speranza di evitare gli USE è oggi un popolo che spontaneamente faccia crollare il consenso di questi impostori o di questi colossali ignoranti.

Non c’è più tempo. 

Avv. Marco Mori, CasaPound Italia – autore de “Il tramonto della democrazia, analisi giuridica della genesi di una dittatura europea”, disponibile on line su ibs