Set 06

Il Presidente della Repubblica vuole cancellare lo Stato italiano.

Ho già evidenziato sul blog indipendente www.scenarieconomici.it l’assurdità di un capo dello Stato che tradisce il Paese chiedendo, senza troppi giri di parole, di superare gli Stati nazionali. Ma ritengo che, l’intero discorso di Mattarella a Cernobbio (pronunciato in tele-conferenza), meriti un commento, punto su punto, con un articolo decisamente più elaborato che comunque cercherò di rendere comprensibile a tutti, senza inutili tecnicismi.

L’intervento di Mattarella è la prova provata che alla presidenza della nostra Repubblica abbiamo ancora una volta una persona che vuole la fine dell’Italia come Stato sovrano ed indipendente. Con buona pace di Costituzione e del codice penale (art. 241 e ss. c.p.).

In questo post, che provvederò ad inoltrare nei prossimi giorni direttamente alla Presidenza della Repubblica, nonché alla Procura della Repubblica di Roma, per quanto di sua competenza, offro a tutti voi l’integrale del discorso del Presidente (in maiuscolo per rispetto dell’Istituzione e non della persona che la occupa), intervallato dalle opportune considerazione, che ovviamente nessuno ha avuto il coraggio di fare sui media “mainstream”, benché la portata complessiva del discorso sia sediziosa.

“Rivolgo un saluto cordiale al moderatore, ai relatori e ai partecipanti al Forum “Ambrosetti”. Al centro della vostra discussione è stata, opportunamente, posta “l’agenda per l’Europa”.
Credo che questa agenda sarà tanto più efficace quanto più eviterà di limitarsi a una lista di interventi di emergenza.
La logica emergenziale sta rendendo l’Europa più debole, i suoi cittadini più insicuri e produce diffidenze tra gli Stati membri. Occorre, al contrario, una visione adeguata di lungo periodo ; e consapevolezza del destino comune. Va sconfitta la paura e il senso della comunanza di interessi deve tornare ad essere la base della strategia continentale. Le crisi non devono paralizzarci. L’Europa, come sottolineava Jean Monnet, si è fatta nelle crisi ed è attraverso le crisi che statisti illuminati hanno saputo intravedere, e perseguire, obiettivi di crescita.

Le crisi e le gravi crisi sono lo strumento per ottenere passi avanti per l’Europa, questo lo affermava già Mario Monti in quanto solo le crisi convincono i popoli a rinunciare al proprio senso di appartenenza nazionale. Mattarella si pone, fin dall’apertura del suo discorso, su tale linea. Poco importa se la crisi è causata proprio dall’Europa e dalle sue regole in materia monetaria ed economica.

“L’Europa si trova nel pieno di un passaggio storico simile a quelli indicati da Monnet. Vorrei far riferimento a due questioni cruciali, rispetto alle quali avvertiamo che, oggi, l’azione dell’Europa manca di efficacia. Lo avvertiamo nelle carenze nella governance economica di questi anni”.

Non può esserci una governance europea senza superare gli Stati nazionali. Ogni Stato, per esistere, deve infatti rimanere sovrano ed indipendente. L’Europa può essere vista solo come una cooperazione tra nazioni sovrane che hanno ripudiato la guerra come risoluzione dei conflitti. La portata della frase, poi precisata con forza nel proseguo del discorso, pone il Presidente della Repubblica, ovvero colui che dovrebbe essere il garante dell’unità nazionale ed il capo dello Stato (art. 87 Cost.), nella posizione di essere il principale artefice del superamento della Repubblica Italiana: chiede la fine dell’Italia.

“Lo avvertiamo di fronte alle tragedie, spaventose, di profughi e di migranti, purtroppo sempre più frequenti. Sul primo versante, la carenza di governance incrementa le disparità interne all’Unione, ostacola la capacità di promuovere la crescita, impedisce all’Europa di giocare un ruolo nelle crisi globali (come è accaduto di recente quando è arrivato il vento delle Borse cinesi).
C’è un filo che lega le nostre impotenze ai nostri egoismi particolari. Questi precludono all’Unione la possibilità di giocare un ruolo di equilibrio, autorevole e incisivo, nello scenario globale. Frenano la capacità di definire, all’interno del Continente, una politica economica, attenta alla stabilità delle finanze pubbliche, ma anche in grado di valorizzare le potenzialità, le risorse e il capitale umano di cui l’Europa dispone, riducendo gli squilibri territoriali e sociali.

Stabilità delle finanze pubbliche? Che significa Mattarella? Ci si riferisce alla stabilità dei prezzi e dunque all’esatto contrario della tutela del lavoro? Se Mattarella non lo sapesse esiste una relazione inversa tra inflazione e disoccupazione, se sale la prima scende la seconda. Questa è la curva di Phillips, che smentisce categoricamente la possibilità di creare occupazione senza inflazione. La stabilità dei prezzi è invece eccezionale per chi lucra unicamente in prodotti finanziari, senza avere alcuna attività nell’economia reale. Per essi la stabilità dei prezzi implica una moneta che non svaluterà mai, tutelando le posizioni di privilegio che scaturiscono dalle rendite finanziarie. La finanza pubblica è poi stabile per definizione, visto che uno Stato sovrano dovrebbe disporre della sua prerogativa fondante che è la moneta. Uno Stato sovrano può onorare sempre e comunque le sue obbligazioni, solo uno Stato indebitato in moneta straniera può fallire, ma in quel caso non è neppure possibile continuare a chiamarlo Stato. Questi sono concetti ovvi e manifestati anche da ex colleghi di Mattarella, come l’illustre Zagrebelsky, che segnala, nonostante la fede europeista, l’assurda commistione tra diritto pubblico e privato. Peraltro la contabilità dello Stato non è quella di un’azienda, lo Stato crea ricchezza per i suoi cittadini attraverso la spesa pubblica, e dunque con politiche di deficit, parametrate al fine che si immetta in circolo la giusta quantità di moneta, ovvero quella idonea a stimolare la domanda interna. Insomma, non si chiede di stampare oltre la quantità di moneta necessaria a sostenere la domanda, ma certamente nessuno, sano di mente, chiederebbe (come fa l’Europa), d’immettere meno moneta di quella che serve, unicamente per consentire alla finanza di lucrare ed acquisire posizioni di forza sempre maggiori grazie alla stabilità dei prezzi. Se Mattarella non conosce l’economia farebbe assai più figura a tacere, così rispetterebbe anche il suo ruolo Istituzionale, anziché insistere nel voler essere parte delle sovrane decisioni del Parlamento.

“Abbiamo evitato l’uscita della Grecia dalla zona euro, abbiamo implementato il Meccanismo europeo di stabilità, abbiamo avviato l’Unione bancaria: non manca, insomma, capacità di reazione quando ci si avvicina al punto di rottura. E’ un fatto certamente positivo ma non è sufficiente”.

Non abbiamo evitato nulla. Abbiamo massacrato la popolazione greca causando morte e disperazione dandogli denaro creato dal nulla (a tassi d’interesse insostenibili), unicamente per ripagare i creditori e le grandi banche d’affari e chiedendo in cambio ulteriori misure di austerità, che inevitabilmente condurranno il Paese ancora più verso la miseria e la disperazione, in spregio ai più elementari diritti umani. Quelli in Grecia sono appunto crimini contro l’umanità, ma Mattarella evidentemente dimostra non interessarsene assolutamente. Incredibile poi dove saluta MES ed unione bancaria come successi. Il MES è un fondo i cui componenti sono dotati di immunità assolute ed antidemocratiche, che raccoglie soldi dagli Stati membri per poi prestarli, ovviamente dietro interessi, a chi è in difficoltà imponendo, ovviamente, pacchetti di misure politiche gradite. L’unione bancaria è invece quello strepitoso successo secondo il quale, in caso di fallimento di una banca, saranno gli azionisti ed i correntisti a pagarne il prezzo e non la finanza! Bravo Mattarella, belli i passi avanti che acclami con gioia! Casualmente però il PdR si mostra stranamente empatico verso l’immigrazione, altro fenomeno provocato dall’UE e funzionale al dogma “ci vuole più europa”.

“Sull’altro versante di crisi, quello dell’immigrazione, le chiusure, illusorie, e le inerzie smentiscono drammaticamente i valori della nostra civiltà. Le immagini strazianti – come quelle del piccolo Aylan – confliggono con questi valori, anzi confliggono con la nostra stessa idea di umanità. La commozione a volte perfora la corazza dell’indifferenza, ma siamo lontani dalla percezione del carattere epocale e della dimensione del fenomeno migratorio. E’ ancora lunga la strada di politiche comuni, di risposte all’altezza della sfida. Lo spettro che a volte compare è l’Europa della paura, dei muri, dei veti: è l’Europa che insegue e, così facendo, alimenta nazionalismi e populismi.
Al di là della coincidenza temporale, cosa vi è in comune tra queste due crisi, quella delle economie e quella migratoria ?
Di certo, da queste crisi non si potrà uscire con le ricette del passato. Non devo ricordare ai partecipanti a questo Forum come l’orizzonte cui guardano, e di cui hanno bisogno, imprenditori e operatori economico-finanziari abbia confini ormai ben più estesi di quelli nazionali. Imprenditori e operatori economico-finanziari sono interlocutori necessari per gli Stati nazionali ma questi – gli Stati nazionali – non sono più interlocutori necessari o, comunque, decisivi per imprenditori e operatori.
Questa stessa condizione di asimmetria, di sproporzione, di inadeguatezza degli Stati nazionali, contrassegna anche il loro rapporto con il fenomeno migratorio.

Ed ecco l’affondo, il perché della sensibilità verso i fenomeni migratori: perché essi sono risolvibili solo con gli Stati Uniti d’Europa. Qui siamo alla morte della ragione. Gli Stati nazionali sarebbero inadeguati, non si sa bene per quale ragione, mentre un nuovo Stato, più grande, andrebbe bene, ed ancora non si capisce perché. Non c’è nessuna evidenza empirica nella bontà di questo ragionamento, perché le sovranità nazionali non implicano affatto avere una politica estera ostile alla cooperazione internazionale. Un’area di libero scambio e la gestione dei confini è possibile anche senza cedere sovranità. Peraltro il Presidente in questo passaggio dice qualcosa di davvero orribile, oltre che gravemente incostituzionale. Si capisce che non pensa ad un nuovo Stato nel quale, come la nostra Costituzione prevede, l’iniziativa privata sia libera, ma pur sempre subordinata al controllo ed il coordinamento dello Stato, che indirizza l’egoismo umano verso l’interesse pubblico. Mattarella pensa proprio al superamento degli Stati nazionali, che subordina in toto al potere economico. E’ pazzia affermare che, per i soggetti economici, gli Stati (e dunque quell’insieme di diritti e doveri che costituiscono il fulcro delle Costituzioni democratiche) non siano ovvi e necessari interlocutori. Mattarella che significa? I mercati hanno il controllo della democrazia? Orribile!

“Anche per queste ragioni, malgrado lo spirito critico con cui si guarda ai limiti dell’Europa di oggi, mi sento, personalmente, più europeista che mai (n.d.s. non si era capito…). Accanto alle motivazioni ideali, all’ammirazione per la sagacia, il coraggio e la visione storica dei fondatori, quel che accade rende sempre più evidente l’esigenza di sempre maggior integrazione, non soltanto attraverso politiche omogenee ma, necessariamente, anche attraverso adeguate istituzioni comuni.

Dunque ancora la crisi rende evidente che si devono creare gli Stati Uniti d’Europa superando le sovranità nazionali.

E’ un’illusione pensare che la fine dell’euro, o un suo indebolimento, possa restituire agli Stati nazionali la sovranità perduta: è la storia a renderne inattuali alcuni elementi.
Senza Unione tutti i Paesi europei diventerebbero più poveri, con il ritorno ad asfittici mercati nazionali bloccati alla frontiera: l’economia pagherebbe un prezzo ancora maggiore, con la perdita, prima ancora delle potenzialità produttive e commerciali, di quei beni immateriali che sono diventati la struttura connettiva delle nostre società e del nostro modello civile, a partire dalla cittadinanza europea. Le politiche europee – siano quelle del mercato comune del lavoro indicate dai Trattati, siano quelle del mercato dell’energia e delle infrastrutture, delle telecomunicazioni, della politica spaziale, della coesione regionale – sono parte della nostra vita quotidiana di cui non riusciremmo più a fare a meno. E che, piuttosto, dobbiamo incrementare.
Al tempo stesso è un’illusione immaginare che sospendere le regole di Schengen, o dar vita a un loro ambito di serie A e a uno di serie B, possa garantire a una parte dell’Europa la sicurezza che si teme minacciata. Il tentativo di chiusura delle proprie frontiere si sta rivelando, come era inevitabile, illusorio, a fronte delle dimensioni dei flussi migratori.
Si tratta di un fenomeno di portata inedita, con la prospettiva di flussi sempre più imponenti senza adeguate risposte strategiche. Per questo, in questi giorni, alcuni paesi fondatori hanno richiamato l’intera Unione ad assumere un’azione comune ed efficace.
Questi due versanti di crisi incalzano, con tempi veloci. Non è possibile, rispetto ad essi, imboccare scorciatoie, pensando di lasciare il compito di affrontare i problemi a chi governerà dopo, perché il dopo è già arrivato.
Ecco perché l’Europa è un percorso storicamente obbligato. Occorre manifestare la stessa disponibilità con cui l’Unione ha aperto, con immediatezza, le sue porte ai paesi dell’Est europeo, facendo prevalere, su ogni altra considerazione, la ragione ideale della riunificazione del Continente. La ragione storica, ideale, coincide, questa volta, con la convenienza, con l’ interesse dell’Unione e dei suoi Paesi”.

Anche il Presidente della Repubblica ammette le già avvenute cessioni di sovranità, fatto inconciliabile con l’appartenenza al popolo della stessa, ex art. 1 Cost. L’art. 11 Cost. poi, come noto, consente a limitazioni della sovranità, unicamente al fine dell’adesione dell’Italia ad un ordinamento che tuteli la pace e la giustizia tra i popoli ed in condizioni di reciprocità con le altre nazioni. Insomma la nostra carta vieta le cessioni e la forma repubblicana è immutabile (art. 139 Cost.), dunque non passibile di modifiche che aprano la porta agli U.S.E.

La correlazione poi tra Stati nazionali ed asfittici mercati nazionali è poi semplicemente assurda. Mattarella ha mai sentito parlare della possibilità di aree di libero scambio, tra Paesi aventi analoghe tutele dei diritti fondamentali, conservando la sovranità? Un conto è comandare in casa propria, altro è accettare la cooperazione internazionale. La prima scelta non esclude la seconda. L’area europea di libero scambio esiste e funziona da ben prima delle cessioni di sovranità compiute. Posso conservare la sovranità e non bloccare le frontiere! Inoltre l’assioma, più libertà economica più ricchezza, è errato. I mercati non sono intelligenti o giusti, i mercati puntano al profitto. Siccome una democrazia mette l’interesse pubblico ed i diritti inalienabili prima del vile (e creato dal nulla) denaro, è perfettamente lecito stoppare l’economia laddove essa contrasti con gli interessi del popolo, come prevedono gli artt. 41 e ss. della Costituzione. In sostanza, ad esempio, i mercati possono avere convenienza a delocalizzare la produzione per pagare meno il lavoro. Tuttavia, al contrario, il Paese può avere più convenienza a fare l’opposto, tenendosi l’occupazione e non creando situazioni di grave disagio sociale. In questi casi lo Stato deve intervenire perché il lavoro è un diritto sovraordinato al mero profitto.

“Bisogna essere consapevoli che i traguardi raggiunti non sono garantiti per sempre. Democrazia e società del benessere storicamente hanno trovato la loro realizzazione nella dimensione degli Stati nazionali. Oggi possiamo difenderle soltanto in una dimensione continentale. In uno spazio più angusto rischiano di deperire”.

Uno dei passaggi peggiori del discorso. La democrazia per Mattarella passa solo dal superamento degli Stati nazionali. Democrazia è prendere popoli diversi, che parlano lingue diverse, e fonderli in una nuova entità. Curioso che oggi si parli di democrazia in questo senso, una volta si parlava di imperialismo. Evidentemente i grandi conquistatori del passato, che hanno causato barbarie e sangue, erano degli eccezionali democratici. L’integrazione, caro Mattarella, non si impone ma si crea naturalmente con secoli e secoli di pace e cooperazione. Gli stessi Stati Uniti d’America, esempio per il Presidente, non si sono formati con i fiori e le carezze ma dopo una sanguinosa guerra civile (previo sterminio delle popolazioni indigene che avevano l’ardire di comandare in casa propria). Non si prendono Stati diversi e si costringono a subire l’uno le decisioni dell’altro, così si va alla ovvia catastrofe.

“Per quanto riguarda l’euro occorre passare da regole comuni a istituzioni comuni: il presidente Mario Draghi è stato molto efficace nel sintetizzare questo obiettivo, che condivido pienamente. La moneta unica conteneva una promessa che non è stata sinora mantenuta: quella dell’unità politica. La moneta unica non era un punto di arrivo ma piuttosto un passaggio fondamentale, per dar vita a una nuova fase del processo di integrazione. Avrebbe dovuto indurre a realizzare strumenti per iniziative di politica economica comuni.
La crisi ha messo in luce l’incompiutezza dell’eurosistema e deve indurci a recuperare con urgenza il tempo fin qui perduto. Certo, i ritardi hanno reso più complicata questa strada. Ma, lo ripeto, non è possibile rinunciarvi. I percorsi non sopportano di essere congelati all’infinito: si degradano, regrediscono.
Opportunamente si è aperta a livello continentale una discussione sulla governance dell’area dell’euro, che in sostanza coinvolge l’intera architettura dell’Unione. Non è mio compito entrare nel merito di un confronto, su cui devono esprimersi governi e parlamenti (n.d.s. Mattarela, lei è già entrato abusivamente nel merito!).
Credo, però, di poter dire che si pone fortemente l’esigenza di una maggiore integrazione, di un governo più coinvolgente, e democratico, dell’area euro. Le politiche economiche non possono essere affidate esclusivamente ad ambiti rigidamente intergovernativi o, ancor meno, a vertici tra due o tre leader. Per il loro governo occorre, nelle forme che si riterranno opportune, un’istituzione di segno comunitario. Ed è necessario che il tavolo dell’eurozona abbia anche una base democratico-parlamentare su cui poggiare. Non ci si può limitare alla moneta unica e al ruolo prezioso della Banca Centrale Europea“.

Ed ecco che in maniera ridondante ed ossessiva si ritorna sempre sulla richiesta di superare gli Stati nazionali. Azione per la quale, come ho già avuto modo di dire, senza le lotte di libertà di chi ci ha preceduto, creando la nostra splendida democrazia, ci sarebbe stato ad aspettare Mattarella un plotone di esecuzione che lo avrebbe fucilato per alto tradimento della Patria. Ovviamente nella sua cieca ideologia europeista il Presidente ignora che la crisi è stata causata, come ammesso ad esempio dallo stesso Giuliano Amato (non certo un anti europeista), dal fatto che non ci siamo dotati di una banca centrale che fungesse da prestatrice illimitata di ultima istanza, esponendo l’intera zona euro al dominio della speculazione. Chiaro che tutto questo è stato una criminale scelta politica, proprio per creare quella crisi che oggi tristemente consente al garante dell’unità nazionale di chiedere la fine della nostra sovranità e della nostra indipendenza.

“Tornando al fenomeno migratorio, è necessario alzare lo sguardo. Speriamo che si inizi bene con la prossima riunione straordinaria sull’immigrazione, a metà di settembre, per proseguire poi con la conferenza di novembre a La Valletta, che dovrebbe legare questo tema a un rafforzamento della cooperazione con i Paesi da cui provengono i flussi migratori. Occorre connettere politiche serie e lungimiranti, che affrontino in primo luogo nelle opportune sedi internazionali, le cause immediate e remote all’origine dei fenomeni migratori, che rendano gestibili i flussi, possibile l’integrazione di chi cerca e trova lavoro, più sicure le nostre città. La serietà di queste politiche passa per una collaborazione con i Paesi più poveri, per investimenti che possano favorire la loro crescita e rimuovere le condizioni di invivibilità che spingono i loro cittadini a sfidare qualunque pericolo pur di giungere in Europa; spazio di benessere, di pace, di sicurezza dei diritti. Passa anche, naturalmente, per intese che riescano a stroncare la tratta di esseri umani e a colpire i trafficanti. Mi auguro che si stia aprendo davvero la strada per regole finalmente comuni sul diritto di asilo. Superare con regole nuove, condivise e adeguate all’oggi il vecchio accordo di Dublino è un necessario passo in avanti. L’alternativa non è tra la resa a un’invasione e la presunta difesa della ”Fortezza Europa”. L’alternativa è tra un’Europa protagonista del proprio destino e un’Europa che subisce gli eventi senza saperli governare. Il mondo è in movimento, sulle gambe di milioni di donne, uomini, bambini: un esercito inerme, che marcia alla ricerca della propria salvezza. Cosa possiamo opporre alle loro ragioni ? Sono loro, che fuggono dalla violenza e dalla morte, il nostro nemico ? O il nemico, piuttosto, va visto nelle guerre e nel terrorismo internazionale, variamente alimentato, che vanno contrastati con decisione, anzitutto sul piano della cultura e della libertà ? La direttrice Nord-Sud è fondamentale per l’agenda europea. Non si può pensare che la frontiera a est sia quella più sensibile per l’Europa. Una politica comune europea – capace di relazioni economiche di pace nel Mediterraneo – è anche l’arma migliore di cui disponiamo nei confronti del terrorismo.La pressione di Daesh si estende ormai in tutti i Paesi del Nord Africa, e punta, con evidenza, a insediare avamposti nelle periferie più disgregate delle città europee. L’antidoto migliore che possiamo opporre è prosciugare i giacimenti di odio, promuovere cooperazione, dimostrare che le democrazie sono più credibili e attraenti perché offrono opportunità di vita, di sviluppo, di tutela dei diritti anziché morte e distruzione. In questa sfida globale, abbiamo il dovere di ammodernare il nostro Paese e renderlo migliore”.

Ed ancora il Presidente “saltella” tra un’emergenza e l’altra per continuare a ribadire “più europa per tutti!”. Perché perdere tempo ad interrogarsi sulle cause dell’immigrazione, perché domandarsi se forse c’entrano quei mercati che hanno depredato e strangolato con la truffa del debito interi continenti. Perché fermarsi a considerare che sono le stesse politiche estere UE, sempre servili verso gli USA, ad aver innescato le guerre che hanno destabilizzato il medio oriente. Ed infine non poteva mancare, nella perfetta logica di chi vuole smantellare lo Stato, il mantra della “corruzione”.

“Una priorità è certamente l’affermazione della legalità, la lotta a ogni forma di corruzione, il contrasto intransigente verso le mafie di ogni natura. Anche in questo caso non si tratta soltanto di un auspicio di ordine morale, ma di una questione molto concreta. I fenomeni di illegalità e di corruzione non inquinano solo la convivenza civile, ma penalizzano la società, l’economia, e anche la qualità della democrazia. E’ bene che l’opinione pubblica abbia sviluppato una acuta sensibilità al riguardo. Non credo affatto che la corruzione e l’illegalità siano una malattia prevalentemente italiana, ma spero che i nostri strumenti di rilevazione restino sempre attivi. Quando usciamo dal nostro Paese ci accorgiamo dell’apprezzamento della nostra storia, della nostra cultura, della nostra creatività. Le istituzioni hanno il dovere di essere al servizio della qualità italiana e del suo sviluppo. Expo, poc’anzi citato dal moderatore Enrico Letta, ne è stato dimostrazione. I dati di questi mesi mostrano che la strada di un nuovo sviluppo italiano è percorribile. Dobbiamo tutti coglierne, con prontezza, le occasioni. Il futuro dell’Italia ha un legame fortissimo con il destino dell’Europa. L’agenda europea è la nostra agenda. A cominciare dall’equilibrio necessario tra disciplina di bilancio e prospettive di crescita economica e sociale. La stabilità economica non può riguardare soltanto la moneta e la finanza, dove molti passi sono stati fatti, ma deve riguardare anche la crescita e l’occupazione”.

Corruzione che paralizza l’economia, altra affermazione apodittica priva di riscontri empirici. La corruzione è, e resta, un contratto, illecito certamente, ma pur sempre un contratto. Essa prolifera nel benessere e dunque, paradossalmente, più aumenta la recessione più diminuisce la corruzione. Non c’è rapporto di causa effetto tra una e l’altra, ma unicamente un rapporto di diretta proporzionalità. L’Italia, super potenza economica, era decisamente più corrotta di oggi caro Mattarella. Inutile poi rammentare che anche il profitto della corruzione non evapora nelle fiamme dei caminetti, ma finisce nei consumi e che dunque, anche la storia del denaro portato all’estero (quello sì dannoso per la nostra economia), è sostanzialmente una grandissima balla. La stragrande maggioranza del profitto da corruzione è corrisposta in contanti (e non certo versata con bonifici in inutilizzabili conti esteri) e finisce spesa in consumi interni. La corruzione in definitiva è un fatto illecito che, tuttavia, macroeconomicamente parlando, è molto più neutro dell’euro, che invece ci distrugge per le regole che impone.

“Abbiamo, come Paese, un oneroso debito pubblico: questo tuttavia va considerato insieme al grande risparmio privato degli italiani, il che ci aiuta a partecipare senza complessi al confronto nell’Unione.
La gestione del nostro debito richiede scelte responsabili e fiducia dei mercati, degli altri Paesi, dei nostri concittadini. Quando siamo stati chiamati a sacrifici, anche dolorosi, li abbiamo fatti”.

Mattarella qui è da premiare: merita almeno un “cappellino da asinello”, e se per questo si sentirà vilipeso pazienza.La democrazia vale bene un’imputazione per un liberticida ed incostituzionale reato d’opinione. Anche ponendo che il Presidente non abbia mai aperto un manuale di economia, si suppone che almeno conosca la Costituzione, anzi conoscerla è un suo preciso dovere. Che dice l’art. 47 Cost. Presidente Mattarella? “La Repubblica tutela il risparmio in tutte le sue forme”. Si è mai domandato quale correlazione esiste tra grande debito e grandi risparmi? Il risparmio è la quota parte non spesa del reddito di ogni cittadino, ed è possibile solo quando lo Stato ci toglie meno moneta di quanta ne immette nel sistema. Il risparmio è possibile solo con politiche di deficit di bilancio nel lungo periodo. Il debito pubblico (che uno Stato a moneta sovrana dovrebbe chiamare CREDITO PUBBLICO, mettendo fine ad un epoca di deficienza economica diffusa senza pari) non è altro che la risultante della sommatoria della serie storia dei deficit dello Stato, purtroppo oggi maggiorati di salati interessi, in virtù dell’assenza di sovranità. Tali interessi purtroppo non sono più reinvestiti nell’economia reale del Paese dall’attuale finanza apolide, dunque spariscono all’estero risultando macroeconomicamente drammatici. Altro che corruzione Mattarella!

“Con la stessa fermezza ed energia dobbiamo ora saper operare affinché tutta la politica europea, e le sue istituzioni, si orientino verso investimenti strategici, verso la ricerca, l’innovazione, la sostenibilità.
Il problema del lavoro riguarda l’intera Europa: non può essere ridotto all’ultima delle variabili economiche.
In definitiva, più Europa. Non vuol dire più vincoli, più burocrazia. Più Europa è la consapevolezza che questa è la dimensione della sfida globale.
Noi ci impegneremo per questa strategia. Sentiamo questo compito anche come Paese fondatore dell’Unione europea. Tutti i Paesi hanno un ruolo e una responsabilità cruciale in questo passaggio epocale. I fondatori, che non si arresero, oltre 60 anni fa, al naufragio della Ced, hanno ancora oggi – io credo – una responsabilità, particolare, nel contribuire ad aprire una stagione di rilancio dell’Unione”.

Ed ecco il pietoso finale dove si parla di crescita ed investimenti facendoci credere che chi ci ha distrutto, ottenuto lo scopo di creare gli U.S.E., improvvisamente si dedichi all’economia reale ed alla pietosa assistenza della plebaglia (così la chiamano) europea. Vana speranza, al timone abbiamo odiatori dell’umanità. La speranza di conversione è una fiamma di speranza troppo flebile per poterla coltivare, in assenza di garanzie di sorta, attraverso l’ipocrita illusione che ci vende il nostro Presidente. Perché dovremmo credere che, smantellata la Repubblica, senza alcuno scrupolo verso chi è perito a causa della crisi, ci consentiranno di vivere nel benessere e nella giustizia?

Confidiamo nel risveglio collettivo ed in una Norimberga 2.0