Ago 28

Zagrebelsky, ex Corte Costituzionale: “se oggi diciamo che lo Stato può fallire è perché la sovranità è venuta a mancare”

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Finalmente anche ex Giudici della Corte Costituzionale, anzi addirittura un ex Presidente della stessa, cominciano a dire le cose come stanno, senza inutili giri di parole. Non può che far piacere che Gustavo Zagrebelsky affermi con decisione concetti che sono nostri da molti anni.

Finalmente un Magistrato della Consulta ha il coraggio di dire che gli Stati sovrani non possono fallire e che oggi, se ciò accade, è perché lo Stato ha abdicato al suo ruolo cedendo la sua prerogativa fondamentale: la sovranità monetaria. Un’affermazione che andrebbe tenuta in debita considerazione dalle Procure della Repubblica che incredibilmente non vedono reati nello smantellamento dell’Italia come Stato sovrano ed indipendente.

Le parole di Zagrebelsky sono anche uno schiaffo al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che, benché giurista ed ex Corte Costituzionale, non usa il suo potere istituzionale per dire le medesime verità, le quali ben difficilmente potrebbe omettere solo per mera ignoranza. Anzi, dopo l’incontro ed il relativo inchino alla Commissione Trilaterale, nota associazione eversiva creata dai grandi gruppi di potere economico per influenzare le democrazie mondiali a proprio piacimento, parlare di buona fede nei confronti di Mattarella è una palese forzatura.

Ma torniamo a Zagrebelsky, a cui va la stima di tutti coloro che credono ancora nella libertà e nel riscatto della democrazia costituzionale, e trascriviamo le sue splendide parole:

Si parla di fallimento dello Stato come di cosa ovvia.

Oggi, è “quasi” toccato ai Greci, domani chissà. È un concetto sconvolgente, che contraddice le categorie del diritto pubblico formatesi intorno all’idea dello Stato. Esso poteva contrarre debiti che doveva onorare. Ma poteva farlo secondo la sostenibilità dei suoi conti. Non era un contraente come tutti gli altri. Incorreva, sì, in crisi finanziarie che lo mettevano in difficoltà. Ma aveva, per definizione, il diritto all’ultima parola. Poteva, ad esempio, aumentare il prelievo fiscale, ridurre o “consolidare” il debito, oppure stampare carta moneta: la zecca era organo vitale dello Stato, tanto quanto l’esercito. Come tutte le costruzioni umane, anche questa poteva disintegrarsi e venire alla fine. Era il “dio in terra”, ma pur sempre un “dio mortale”, secondo l’espressione di Thomas Hobbes. Tuttavia, le ragioni della sua morte erano tutte di diritto pubblico: lotte intestine, o sconfitte in guerra. Non erano ragioni di diritto commerciale, cioè di diritto privato.

Se oggi diciamo che lo Stato può fallire, è perché il suo attributo fondamentale — la sovranità — è venuto a mancare. Di fronte a lui si erge un potere che non solo lo può condizionare, ma lo può spodestare. Lo Stato china la testa di fronte a una nuova sovranità, la sovranità dei creditori“.

Esattamente come è per le società commerciali. I creditori esigono il pagamento dei loro crediti e, se il debitore è insolvente, possono aggredire lui e quello che resta del suo patrimonio e spartirselo tra loro”.

La menomazione dell’indipendenza e della sovranità è reato… Chissà se dopo le parole di Zagrebelsky qualcuno alla Procura di Roma inizierà a pensarci… I reati per comodità più utili ad incriminare chi ha tradito la nazione sono quelli di cui all’art. 241 e 243 c.p.

Avv. Marco Mori – autore del libro “manifesto” IL TRAMONTO DELLA DEMOCRAZIA – analisi giuridica della genesi di una dittatura europea. Il testo è facilmente reperibile nella libreria on line ibs.it