Feb 27

L’individualismo non porta sviluppo, ma porta alla catastrofe.

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L’Unione Europea basa il suo intero modello economico e sociale sulla forte competitività. Il riferimento è ovviamente all’ideologia neoliberista, di cui l’UE è diventata uno dei grandi cuori pulsanti.

Le conseguenze di questo sistema sono catastrofiche. Purtroppo questo aspetto, che dovrebbe essere ovvio, è invece ben poco conosciuto dalla popolazione. La bontà del libero mercato è un concetto ben radicato nella mente della gente ed è molto difficile far capire che quella convinzione è semplicemente un’idiozia. Anzi essere liberisti potrebbe essere annoverato senza problemi fra i disturbi della personalità.

Se ogni individuo persegue i suoi scopi egoistici certamente tenterà di dare il meglio per vincere, ma è chiaro che alla fine non sarà l’intera collettività ad arricchirsi, l’egoismo accresce le diseguaglianze. Le partite a Monopoli, esempio classico di un modello semplificato di liberismo assoluto, non finiscono certo in pareggio… uno solo vince e gli altri falliscono.

L’egoismo del singolo non accresce il benessere collettivo, non è su questo schema che è possibile ottenere il massimo sviluppo. La crescita si ottiene quando una pluralità di persone si unisce per raggiungere uno scopo, quando un determinato interesse è condiviso, quando uomini e mezzi presenti nel Paese lavorano tutti ed all’unisono.

Guardiamo ad esempio alla seconda guerra mondiale. Talvolta la si usa impropriamente per dimostrare che la competitività, anche portata a tali estreme conseguenze, funziona. Infatti il progresso tecnologico fu incredibile in quegli anni. Ma non è affatto così. Ci fu progresso perché all’interno delle singole nazioni il liberismo fu accantonato per una decisa azione pubblica nell’economia, atta ovviamente a dirigere lo sforzo bellico.

Proprio lo sforzo bellico unì quindi la popolazione all’interno delle singole nazioni, tutti lavoravano per uno scopo collettivo, non per i propri egoistici interessi. Ed è proprio in quel momento che si arrivò addirittura al nucleare nel giro di pochi anni.

Non fu quindi la competizione a creare sviluppo, ma l’indirizzo pubblico dell’economia, che fu attuato anche in Paesi già spiccatamente individualisti come gli USA. Pensate se tale sforzo fosse stato portato avanti per perseguire il benessere delle popolazioni in ogni singolo Stato, anziché cercare di distruggere i vicini. Oggi avremmo sicuramente già sconfitto la povertà nel mondo, invece di perdere il nostro tempo a studiare come arricchirci a discapito di qualcuno.

Quando all’interno di un territorio si mettono tutti contro tutti si arriva sempre alla catastrofe. Oggi la competizione c’è poi anche tra Stati, sempre a causa delle norme che ci impongono questo demenziale modello economico, ma stavolta da questa competizione, per certi versi similare a quella della guerra, non traiamo alcun tipo di sviluppo.

Perché? Perché a causa della competizione fratricida all’interno di ogni singolo Stato, non c’è alcun indirizzo, controllo e coordinamento dell’economia e dunque non esprimiamo affatto il meglio che la nostra società potrebbe dare. Corriamo una corsa truccata in cui il vicino ci sgambetta di continuo per superarci, ed appena va avanti lui, lo sgambettiamo noi… il risultato? Percorriamo in 2 giorni un percorso che si poteva fare in quindici minuti.

Il libero mercato non è dunque valore, non è un diritto, non è buono e non va tutelato, ed infatti la Costituzione italiana, nata dalla guerra, non lo tutela.

L’iniziativa privata è si ammessa ed ammissibile, ma sempre in osservanza di quel disegno complessivo che è rappresentato dall’interesse pubblico. Poteri economici troppo grandi travolgono questo interesse e diventano per definizione un potere politico spiccatamente individualista, che finisce per demolire la società ed annientarne la crescita (e per crescita non intendo certo il demenziale dato del pil).

Questo individualismo sfrenato, in nome del quale si aboliscono anche i confini nazionali (tutti devono poter far profitto ovunque), poi c’entra qualcosa con la pace? Assolutamente no. A lungo andare il tutto contro tutti porta al conflitto, come già accaduto nella storia. La stessa seconda guerra mondiale fu il frutto avvelenato del liberismo.

Come si ottiene dunque la pace? La pace si ottiene limitando fortemente l’autonomia e l’indipendenza dei mercati, che debbono stare agli ordini delle democrazie. La pace si ottiene solo se ogni Stato nazionale punta allo sviluppo autonomo del proprio Paese, sostiene la propria economia, evita ogni forma di mercantilismo. Occorre rinunciare a basare le nostre ricchezze sull’esportazione dei nostri prodotti, gli scambi internazionali devono avvenire solo laddove essi soddisfino un reciproco interesse e non laddove si cerchi solo di risolvere un problema di disoccupazione interno riversandolo sul vicino, come avviene all’interno delle norme UE. Una volta c’era il gold standard ad imporre tali folli scelte economico-sociali, oggi c’è l’Unione che parimenti impedisce la creazione della moneta necessaria al normale funzionamento dell’economia, obbligandoci ad un insensato “tutti contro tutti”.

Quando ogni singolo Stato raggiungerà la piena occupazione e un livello conseguente di benessere in via completamente autonoma ed indipendente dai propri vicini, la pace sarà garantita e partirà, nel lungo periodo, anche uno spontaneo processo di integrazione.

Arriveremo a ragionare come un’unica nazione che ha a cuore lo sviluppo della nostra intera civiltà solo quando sparirà ogni rivalità con i nostri vicini, quando non cercheremo più di garantire la nostra prosperità a loro spese, quando la tecnologia renderà il mondo così piccolo da superare le diversità culturali, quando sapremo capirci e fidarci uno dell’altro.

Non sarà un processo traumatico, ma sarà naturale, ma noi non lo vedremo. Avverrà in molti molti secoli. Ma il mondo che verrà non ci vedrà produrre in un posto per esportare a migliaia di chilometri, se non strettamente necessario per ragioni materiali e non già in forza di astrusi calcoli finanziari. Lo sviluppo razionale del pianeta porterà la produzione di ciò che realmente serve sempre il più vicino possibile al luogo in cui la cosa va utilizzata.

La globalizzazione, vista da fuori, farebbe infatti ridere chiunque, perché non è un’unione di intenti mondiale, ma solo l’esempio più eclatante di una società schizofrenica (e dunque fortemente patologica) che nasce dall’individualismo applicato ad ogni suo settore. In cui tutti si affannano per rincorrere l’inutile…

Io ho una visione chiara del mondo che verrà, basta guardarci da fuori per capire cosa va fatto. Ma le menti di questa generazione sono così offuscate che le cose semplici ed ovvie paiono ormai straordinarie illusioni utopiche.

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Avv. Marco Mori – Riscossa Italia, autore de “Il tramonto della democrazia, analisi giuridica di una dittatura europea” disponibile on line su ibs.it