Apr 30

La via giudiziaria per fermare l’UE è ancora praticabile?

Da oggi in poi ogni giorno pubblicherò un passaggio dell’ultimo capitolo del mio libro, la Morte della Repubblica. Quello in cui ipotizzavo la via, sia legale che politica, per tornare padroni del nostro destino. 

Buona lettura, condividete il più possibile e ricordatevi di seguirmi, contro ogni censura sul mio canale telegram @marcomoriofficial

 

Per fermare la morte della nostra Repubblica le linee che riesco ad ipotizzare come vi dico da tempo soltanto due: una giudiziaria e l’altra politica.

Se falliremo in entrambe queste strade temo che il nostro futuro sia quello di diventare cittadini degli Stati Uniti d’Europa ed è superfluo ribadirvi ancora che essi saranno semplicemente una dittatura finanziaria. Ma partiamo dunque dall’esame della via giudiziaria che a sua volta si dirama in due ulteriori percorsi, quello penale e quello civile, strade che ho personalmente già da tempo intrapreso. Nel civile tra l’altro, come sapete, sono in attesa della sentenza della Corte di Cassazione.

Partiamo dalla via penale.

La punibilità della cessione di quote di sovranità nazionale è assolutamente oggettiva, quantomeno ai sensi dell’art. 243 del codice penale vigente. La modifica legislativa di alcune delle norme riguardanti i delitti contro la personalità dello Stato di cui ho già parlato nel mio precedente libro e risalente al 2006, non ha infatti interessato tale articolo. L’art. 243 c.p., in attuale formulazione, recita testualmente:

Chiunque tiene intelligenze con lo straniero affinché uno Stato estero muova guerra o compia atti di ostilità contro lo Stato italiano, ovvero commette altri fatti diretti allo stesso scopo, è punito con la reclusione non inferiore a dieci anni.

Se la guerra segue o se le ostilità si verificano, si applica l’ergastolo”

Nello specifico pertanto la fattispecie mira a punire gli atti d’intelligenza con lo straniero diretti anche semplicemente a compiere atti di ostilità, diversi dalla guerra, verso il paese. Gli atti di ostilità diversi dalla guerra sono tutte le azioni che in ogni caso comprimono uno degli elementi fondanti dello Stato, ovvero ripetiamolo: popolo, territorio e potere d’imperio (la sovranità dunque). Che cos’è invece un atto d’intelligenza con lo straniero è invece assai agevole a dirsi. Molto semplicemente è un accordo, che può essere occulto o palese: dunque anche un trattato internazionale è un atto d’intelligenza con lo straniero. Su tale nozione peraltro, oltre al dizionario, soccorre anche la dottrina che ha avuto modo di chiarire come esso sia un semplice accordo, anche alla luce del Sole. Ebbene allorquando si stipula un trattato oltre i limiti o meglio, per seguire la terminologia fatta propria dalla Corte Costituzionale, oltre i controlimiti che consentono al diritto internazionale di entrare lecitamente nel nostro ordinamento, si è in presenza di un atto pacificamente ostile verso la personalità giuridica della nazione.

In buona sostanza è certamente reato cedere sovranità, non lo è invece, limitare un proprio potere d’imperio a fini di pace. In definitiva la condotta è lecita quando si parla di limitare principalmente gli effetti che una nostra decisione sovrana ha fuori dai confini nazionali. Pertanto ciò che facciamo in casa nostra e che ha effetti solo qui non dovrebbe, anzi non deve, interessare nessuno. Della distinzione vi ho già parlato e francamente, rendendo pratica la questione, vorrei capire per quale assurda motivazione, ad esempio, l’Italia non potrebbe fare spesa pubblica per dare piena occupazione, finanziandola con moneta di Stato. Le regole europee purtroppo lo vietano, abbiamo ceduto la sovranità monetaria, ma questo divieto non ha assolutamente nulla a che vedere con i rapporti tra stati, riguarda solo il nostro sviluppo interno, i nostri affari interni, e dunque tale accordo è sic et simpliciter un atto ostile contro la personalità dello Stato. Al contrario se io mettessi invece un tetto alle esportazioni rispetterei pienamente l’art. 11 Cost., infatti con tale azione limiterei la competizione tra stati e favorirei la cooperazione e la solidarietà. Esportare ha pacificamente effetti sui paesi vicini, soprattutto sul piano occupazionale. Se invece parliamo, come fatto nei trattati, di inserire un tetto allo sviluppo della domanda interna, imponendo vincoli di bilancio che la comprimono forzosamente, esprimendo un’ingerenza su politiche che hanno effetti esclusivamente sul territorio italiano, commetterei un illecito. Ergo esistono accordi internazionali che azzerano la stessa esistenza dello Stato e per tale ragione rientrano a pieno titolo tra i delitti contro la sua personalità giuridica internazionale. Cambiando ancora esempio, per consentire un ultimo spunto di riflessione, se aderissi ad un trattato di non proliferazione negli armamenti stipulerei un atto perfettamente lecito, ma se invece decidessi di cedere il controllo delle mie forze armate ad un organismo sovranazionale, commetterei l’ennesimo reato. Tra l’altro l’esempio è più attuale che mai visto che la creazione di un esercito unico europeo, partendo dalla comune difesa dei confini, è un passaggio fondamentale per la creazione degli USE. Parimenti alla non proliferazione degli armamenti sarebbe invece lecito anche un accordo internazionale diretto a limitare le emissioni inquinanti, ancora una volta conterremmo l’esercizio di un potere sovrano i cui effetti vanno al di là dei confini nazionali, ma non cederemo a terzi alcunché.

L’attuale assetto europeo, è doveroso evidenziarlo, è del tutto assimilabile ad un atto di guerra vero e proprio portato contro l’Italia. La nostra situazione è identica a quella di uno Stato che ha subito un’invasione armata. Un’invasione infatti ha come conseguenza la menomazione dell’indipendenza e della sovranità dello Stato che la subisce. Se tale risultato viene raggiunto senza l’uso dell’esercito, nulla cambia negli effetti. Sia nel caso di un’invasione, sia in quello di cessioni di sovranità compiute con la firma di trattati, ciò che si perde, in riferimento ai tre elementi dello Stato è proprio il potere d’imperio su un dato territorio. Davvero fatico a comprendere perché la cessione di sovranità ad oggi non sia stata fermata dalla magistratura, e ciò nonostante le denunce che io e altri cittadini abbiamo presentato da tempo. Se ci riflettiamo il reato in questione è ben più pericoloso di ogni altro delitto che possa essere posto in essere da qualsivoglia organizzazione criminale esistente, perché mina alla radice la stessa esistenza della nazione. D’altronde cosa c’è di peggio che strappare al popolo il diritto di decidere sul proprio territorio? Questa è veramente la base di ogni logica democratica, il cui pieno rispetto è anche alla base della pace internazionale.

Ho provato comunque a darmi una risposta in questi anni. Un’azione simile da parte della magistratura sarebbe davvero epocale e dunque una persona che deve decidere se agire o meno non può che avere grosse remore. Si tratta infatti di considerare eversivo il comportamento di un’intera classe politica che peraltro è nei fatti ancora in sella. Inoltre bisogna rammentare, sempre circa le difficoltà che può avere un Magistrato su questo tema, che capire perché gli atti compiuti fossero davvero ostili, può richiedere anche una comprensione dell’economia che non è bagaglio proprio di un giurista. La comprensione poi è molto difficile in tempi dove la propaganda liberista ha inquinato lo studio della materia diffondendo menzogne funzionali alla conservazione del proprio potere. Tuttavia ora le cose stanno effettivamente per cambiare, la questione economica non avrà più un’importanza centrale al fine di evidenziare l’illiceità dei futuri passi che si faranno verso gli Stati Uniti d’Europa. Se infatti metteremo sul piatto la creazione di questo mostro sovranazionale e si porterà in Parlamento tale posizione, anche un sasso comprenderebbe che si sta mettendo fine alla forma Repubblicana e questo potrebbe indurre qualcuno a trovare il coraggio per procedere. La comprensione dei termini tecnici del problema si semplifica notevolmente.

Abbiamo il dovere di continuare a perseguire questa strada, che potrebbe interessare anche altre nazioni, quelle in cui parimenti le leggi interne pongono limiti, di rango Costituzionale, alla cessione della sovranità nazionale. Penso in particolare alla Germania, anche lì la politica potrebbe trovare ostacoli non prevedibili, questa è una delle poche speranze che abbiamo. Auguriamocelo, perché se il progetto di unione politica europea verrà frenato almeno in uno dei tre paesi che ne dovrà rappresentare l’ossatura primigenia, l’intero processo si stopperà, esattamente com’è accaduto in passato. L’unione potrà nascere, senza l’Olanda, senza il Belgio, senza l’Austria, così per fare tre esempi a caso, ma certamente non è concepibile che possa nascere senza una tra Francia, Italia o Germania.

Come vi dicevo poi oltre la via penale esiste anche quella civile. La prima causa in Italia in questo senso è quella che io stesso ho promosso e, al momento in cui scrivo, è pendente presso la Corte d’Appello di Genova. Considerando la sovranità un diritto plurisoggettivo, appartenente quindi a tutti i cittadini italiani, ho ritenuto che sussistesse la legittimazione attiva3 da parte di un singolo per invocare tutela giudiziaria volta al ripristino di essa nella sua pienezza, adducendo appunto la sua lesione. Come noto vi è stato il precedente con cui la Corte di Cassazione, con sentenza n. 8878/14, riconobbe la legittimazione ad agire di chi assumeva leso il proprio diritto di voto in vigenza del cd. porcellum, la legge elettorale (n. 270/2005), che eliminò le preferenze ed introdusse un premio di maggioranza senza soglie di sbarramento. Tale legge, per queste motivazioni, venne considerata gravemente ed oggettivamente distorsiva dei principi di rappresentatività democratica. La Cassazione pertanto affermò la legittimazione degli attori a difendere il diritto di voto che a loro dire era stato compresso in forza di una legge incostituzionale e conseguentemente rimise il porcellum al vaglio della Consulta, che con sentenza n. 1/2014, ne dichiarò la parziale illegittimità costituzionale appunto laddove aveva previsto un premio di maggioranza in assenza di soglie di sbarramento ragionevoli e l’abolizione delle preferenze.

Ovviamente il collegamento tra voto e sovranità è evidente, il voto non è altro che uno dei modi, per la verità il principale, con cui il popolo esercita la propria sovranità. Conseguentemente è assolutamente inutile votare legalmente se in precedenza, il nostro Stato, ha ceduto a terzi la sovranità che sarebbe dovuta appartenere al popolo. Insomma che votiamo a fare se i nostri rappresentati poi non hanno alcun potere, perché ogni prerogativa è stata già trasferita ad autorità sovranazionali?

Ecco la domanda centrale che ho posto alla Corte d’Appello Genovese. Per tale ragione ritengo che la legittimazione ad agire sussista con la conseguenza che stavolta, all’attenzione della Corte Costituzionale, dovrebbero finire le leggi che hanno ratificato le cessioni di sovranità compiute attraverso i trattati europei. D’altronde è pacifico che il popolo italiano non ha più alcuna voce in capitolo nelle materie di competenza esclusiva dell’UE, che come già specificato sono quelle previste nell’art. 3 TFUE, tra cui appunto la fondamentale e fondante politica monetaria ed economica. Fondante ovviamente in quanto in assenza di un controllo diretto in tali settori, l’attività legislativa del Parlamento non è neppure in astratto libera, poiché ogni intervento normativo necessita di coperture che non sono nella nostra disponibilità materiale. Parallelamente, all’interno dello stesso giudizio, ho sostenuto che anche la legge costituzionale n. 1/2012, quella che ha introdotto la regola del pareggio in bilancio, sia altrettanto incostituzionale in quanto anch’essa cancella l’autonomia e l’indipendenza del Parlamento, che non può agire liberamente. Confido dunque ancora molto in questa azione giudiziaria per quanto sia perfettamente consapevole che l’attuale composizione della Corte Costituzionale è fortemente influenzata dalla politica, visto che cinque giudici sono eletti dalle supreme magistrature ordinarie e amministrative dello Stato (in particolare tre dalla Corte di Cassazione, uno dal Consiglio di Stato, uno dalla Corte dei conti), cinque sono nominati dal Parlamento a Camere riunite e cinque sono scelti dal Presidente della Repubblica, che al momento così neutrale sul tema non pare essere. Dunque almeno dieci dei quindici giudici hanno un collegamento nei fatti diretto con la politica e oggi in Corte Costituzionale siedono purtroppo già magistrati addirittura favorevoli al pareggio in bilancio e che pertanto non hanno minimamente compreso il disvalore economico di tale norma e come essa disattivi i principi fondamentali della Carta. I diritti, anche quelli fondamentali, sono erogabili solo se ci sono i soldi, abbiamo così costituzionalizzato la parodia dell’incubo di un contabile.

Marco Mori, candidato nella circoscrizione nord occidentale, nella lista Libertà alle elezioni europee 2024