Ott 17

Un confronto impietoso: Mattarella vs Ghidini. Un Padre Costituente evidenzia l’inadeguatezza del Presidente della Repubblica.

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L’On. Gustavo Ghidini fu deputato dell’Assemblea Costituente e Presidente della terza sottocommissione, dunque fu uno dei Padri che lavorò sul progetto di Costituzione.

In un suo intervento, in replica all’On. Catullo Maffioli, del 7 maggio 1947 riassunse perfettamente il modello economico scelto nella Costituzione, quello poi appunto trasfuso nella parte economica della Carta (art. 35-47 Cost.). Il modello costituzionale ha riconosciuto il libero mercato, certamente, ma lo ha messo sotto il controllo ed il coordinamento dello Stato, affinché l’egoismo umano non prendesse il sopravvento su tutto. L’interesse pubblico, prima del profitto. Il “supercapitalismo” aveva fallito e provocato catastrofi immani (crisi economica del 1929 e seconda guerra mondiale), ma oggi tale insegnamento sembra dimenticato.

Prima di leggere le parole di altissimo spessore di Ghidini, occorre rammentare un passaggio dell’assurdo discorso proferito dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a Cernobbio. Mattarella in sostanza ha professato il suo desiderio di arrivare al superamento degli Stati nazionali anche in quanto:

Imprenditori e operatori economico-finanziari sono interlocutori necessari per gli Stati nazionali ma questi – gli Stati nazionali – non sono più interlocutori necessari o, comunque, decisivi per imprenditori e operatori”

(clicca qui per il discorso integrale ed il mio commento). Mattarella, dimenticando i principi costituzionali, ritiene il potere economico ormai superiore agli Stati.

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Nel 1947 l’On. Ghidini aveva già motivato le ragioni per le quali un simile approccio socio-economico dovesse essere considerato come assolutamente folle. Approccio che infatti venne ripudiato nella nostra Costituzione. Leggete con attenzione, perché è un passaggio davvero straordianario:

Il solo che abbia portato la discussione in un campo veramente generale e fondamentale è stato l’onorevole Maffioli che ha posto a base del suo ragionamento una concezione dello Stato profondamente diversa da quelle che ha animato la parola de’ suoi stessi colleghi. Infatti è certo che non tutti i suoi amici accedono all’opinione da lui espressa. Egli in sostanza professa la concezione dello Stato agnostico; dello Stato che non deve intervenire nel campo economico; che lascia completamente libera l’iniziativa privata; dello Stato che non agisce come elemento attivo di coordinazione, di controllo e di propulsione del fatto economico, ma piuttosto come gendarme dell’ordine esteriore, di quell’ordine dietro il quale si riparano il privilegio di pochi, la miseria di molti e la ingiustizia per tutti.

Ma l’onorevole Maffioli stesso ha sentito tutta l’anacronisticità dal suo pensiero tanto che a un certo punto (se ho ben compreso) ha soggiunto, per temperarne l’asprezza, che bisogna impedire il formarsi del super-capitalismo. Ma egli non si è accorto che in tal modo contraddiceva alle sue stesse premesse. Se si lascia libero sfogo alla legge della libera concorrenza e alla libera iniziativa animata solo dal fine del profitto personale, si arriva pur sempre al supercapitalismo e così a quelle conseguenze che lo stesso onorevole Maffioli depreca, fra le quali primeggia la guerra tremenda che fu la rovina di tanti popoli (omissis…).

È possibile parlare di un progetto social-comunista quando si afferma all’articolo 38 che la proprietà privata è assicurata e garantita e all’articolo 39 che l’iniziativa privata è libera?

Non è dunque un progetto social-comunista. È vero che sono affermati vincoli e limiti al diritto di proprietà. Ci sono limiti, perché non si vuole che si formino delle grandi concentrazioni di proprietà che sottraggono all’iniziativa privata grandi strati di produttori e costituiscono a un tempo delle potenze economiche tali che, se anche potessero condurre ad un grado di produttività più elevato, portano altresì a quella potenza politica che, non avendo altro intento che il vantaggio patrimoniale privato, disconosce e travolge gli interessi materiali, morali e politici della collettività scatenando quelle conflagrazioni che ci hanno portato alla miseria attuale.

Noi invece vogliamo che la proprietà si conformi alla sua funzione sociale. Del resto non è cosa nuova se tale concetto è affermato anche nel Codice civile fascista. Non è che io voglia mutuare questo concetto dal fascismo, per quanto, se c’è una cosa buona, io non abbia difficoltà ad accoglierla dovunque provenga perché la mia intransigenza non arriva fino alla cecità. Ma il concetto esisteva anche prima del fascismo ed esiste in tutte le legislazioni del mondo civile.

Quando l’onorevole Maffioli si lamenta dei vincoli posti alla proprietà, egli deve pensare che vincoli ci sono sempre stati. Sarà questione di limiti, e il nostro progetto non dice se questi vincoli dovranno essere più o meno gravi. Essi sono già nel nostro Codice civile per quanto riguarda la bonifica integrale; ci sono vincoli idrogeologici, vincoli al fine del rimboschimento e della sistemazione delle terre; per evitare che sia compromesso il regime delle acque, ecc., e nessuno ha mai sognato di avere in questo modo abolito la proprietà o che i vincoli siano tali da condurre alla paralisi dell’iniziativa privata”.

Straordinario è riduttivo. Questo discorso è uno schiaffo in faccia a Mattarella e all’UE intera. Un regime in cui gli interessi di pochi hanno messo al bando quelli collettivi.

Mattarella chiede più Europa, lo fa per la pace… Ma l’Europa porterà esattamente all’opposto, come accadde dopo la crisi del 1929. Nella migliore delle ipotesi il Presidente della Repubblica è un ingenuo che avrebbe bisogno di rileggere attentamente la Costituzione ed i lavori preparatori. Nella peggiore, invece, è un collaborazionista di quelle forze economiche che, come ammoniva Ghidini, si sono trasformate in potenze politiche superiori alle democrazie. 

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Ci sarebbe anche lavoro per la Procura della Repubblica…