Giu 06

Storia della cessione della sovranità nazionale e riflessioni sotto l’eventuale profilo penale

Il tema che si intende trattare nel presente articolo, già posto all’attenzione della Procura di Roma dall’associazione “Salviamo gli Italiani”, è assai complesso ed intricato e può essere pienamente compreso solo attraverso una premessa di carattere storico sul percorso che ha portato alla graduale spogliazione della sovranità e dell’indipendenza del nostro paese ad opera di organismi stranieri:

-Nel 1972, tra gli Stati dell’allora Comunità economica europea (Italia, Francia, Germania Occidentale ed il Benelux), venne stipulato un accordo atto a mantenere stabili e predeterminati entro certi parametri i margini di fluttuazione delle rispettive valute, nonché i margini delle stesse rispetto al dollaro. Detto accordo è meglio noto come “serpente monetario europeo”. L’esperimento si avviò verso un rapido fallimento per l’uscita, solo due anni dopo, della Francia e dell’Italia.

Si trattò del primo storico tentativo di creare un organo bancario centrale per quella che sarebbe stata la futura Unione Europea. La ragione della rapida uscita di Italia e Francia fu la crisi petrolifera del 1973 che non sarebbe stata economicamente superabile senza la possibilità di svalutare lira e franco. Allora una simile valutazione economica non fu bollata come “populismo” ma come un atto concreto e scientificamente valido per limitare gli effetti della crisi economica sui cittadini;

-Nel 1979, con ormai alle spalle la crisi petrolifera, venne posto in essere il secondo tentativo di stipulare un accordo di cambio delle valute entro limiti di oscillazione predefiniti, il cd. SME;

-Nel luglio 1981 avveniva ciò che comunemente viene chiamato il divorzio tra l’allora Ministero del Tesoro e la Banca d’Italia. A decorrere da tale anno la Banca d’Italia non aveva più alcun obbligo di acquistare le obbligazioni emesse dal Ministero. Era il primo passo della perdita, in capo alla Stato Italiano, della possibilità di svolgere in totale autonomia ed indipendenza, nonché secondo regole pienamente democratiche, l’emissione di moneta nel sistema. Si iniziava il cammino che avrebbe portato alla completa perdita della sovranità monetaria;

-Pacifico ed incontestabile che fino a quando era la Banca Centrale ad acquistare le obbligazioni emesse dal Ministero del Tesoro non vi era alcun indebitamento reale da parte dello Stato. Tale procedura infatti costituiva una semplice operazione contabile “fittizia” che, al contrario della cessione delle obbligazioni sui mercati, non comportava alcun costo per la Nazione ma ne aumentava unicamente la ricchezza;

-Gli effetti sul debito del precitato divorzio sono stati oltremodo evidenti, il debito è letteralmente esploso raddoppiando in dieci anni.

La ragione di ciò è ovvia: da allora l’unico canale d’emissione monetaria nel sistema è divenuto il ricorso ai mercati e dunque, il prestito a tassi molto meno convenienti dei precedenti. Al contrario i due unici rimanenti modi di emissione monetaria scevri di profitti per i banchieri privati, cioè l’emissione diretta di moneta da parte dello Stato o una banca centrale pubblica prestatrice di ultima istanza, sono stati definitivamente accantonati;

-L’Italia, in virtù del precitato divorzio tra Ministero del Tesoro e Banca d’Italia, non solo vedeva il proprio debito pubblico esplodere letteralmente, ma addirittura il paese arrivava al punto di dover abbandonare il sistema dello SME per avere la possibilità di svalutare la Lira e rivitalizzare l’economia. L’uscita però avvenne non prima che fosse intrapreso quello che può essere definito, senza tema di smentita, il primo esproprio della ricchezza del nostro paese in favore dei creditori del debito pubblico passato, in poco più di dieci anni, dal 55% al 115,6% del PIL.

Nello specifico detto esproprio fu intrapreso dal Governo capeggiato da Giuliano Amato il quale mise in essere una manovra correttiva da 100 mila miliardi di lire, compreso il tristemente noto prelievo forzoso dai conti correnti siti nelle banche italiane ratificato ex post con decreto legge (fatto privo di legittimità giuridica), correva il 10 luglio 1992.

L’esito della manovra fu ampiamente negativo sui conti pubblici tanto che il debito pubblico saliva ulteriormente negli anni successivi per raggiungere nel 1994 il picco del 121,8% del PIL.

La crisi del debito consentì, altresì, di varare la nota e massiccia attività di privatizzazione che ha caratterizzato gli anni novanta.

La privatizzazione contribuì, come ovvio ad una piccola discesa del debito stesso ma ovviamente non ne eliminava le cause strutturali (anzi di fatto le aggravava) che erano da ricercarsi nel nuovo sistema di creazione della moneta inaugurato nel 1981;

-Proprio durante la crisi del debito pubblico, esattamente come sta avvenendo oggi per le ultime riforme volute dall’UE di cui si dirà infra, venne stipulato il Trattato di Maastricht, correva il 7 febbraio 1992. L’entrata in vigore del trattato fu prevista per il 1° novembre 1993.

Venne altresì varata la Legge n. 82 del 7 febbraio 1992, proposta dall’allora Ministro del Tesoro Guido Carli, con la quale si disponeva che la decisione circa il tasso ufficiale di sconto (ovvero il costo convenzionale del denaro alla sua emissione) divenisse di competenza esclusiva di Banca Italia senza che venisse concordata preventivamente con il Ministero stesso con ulteriore privazione di sovranità in ambito monetario: “Art. 1. Le variazioni alla ragione normale dello sconto e alla misura dell’interesse sulle anticipazioni in conto corrente e a scadenza fissa presso la Banca d’Italia sono disposte, in relazione alle esigenze di controllo della liquidità del mercato, dal Governatore della Banca d’Italia con proprio provvedimento, da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana”.

Con il Trattato di Maastricht invece vennero poste le basi per la definitiva cessione della sovranità monetaria nazionale e la consegna della stessa a quei mercati che avevano ormai allungato le loro mani sul debito pubblico italiano fin dall’anno 1981. Manovra che era già fallita per due volte nei precedenti vent’anni ma che, questa volta, era favorita dalla crisi economica in atto e dalla conseguente politica della paura che influenzava inevitabilmente le scelte elettorali dei cittadini.

Solo l’Europa avrebbe potuto salvare l’Italia. Ma l’Europa che aveva in mente la finanza non era quella auspicata e sognata dai cittadini.

L’Europa fortemente voluta dalla finanza era unicamente quella in cui la creazione della moneta era strappata dal controllo democratico ed attribuita in via esclusiva ad un organo di proprietà privata che così avrebbe acquisito un controllo totale delle politiche economiche nazionali e ciò senza alcun rischio d’impresa;

-Al di là di alcuni principi generali suggestivi e certamente condivisibili, il Trattato di Maastricht, costituendo il SEBC, ovvero il sistema europeo delle banche centrali, viola palesemente i principi di cui agli artt. 1, 11 e 47 della nostra Costituzione.

Trattasi di un duplice attacco alla sovranità ed all’indipendenza nazionale.

Da un lato il Trattato fornisce base giuridica al fine di consentire che sia l’Europa a dettare le politiche economiche delle nazioni, dall’altro priva le nazioni stesse di una Banca Centrale con cui finanziare in autonomia dette politiche.

Priva altresì le nazioni della possibilità di svalutare la propria moneta per rispondere ad esigenze economiche: da Maastricht in poi non sarà più la moneta ad adeguarsi all’economia ma l’economia a doversi adeguare alla moneta (svalutando i salari!).

Il denaro quindi da strumento alternativo al baratto per consentire lo scambio di beni e servizi di cui costituiva unicamente l’unità di misura, diventa esso stesso prodotto e strumento di predazione.

Sopra ad ogni congettura, valga il vero.

Il TEU ha istituito BCE, Banca Centrale Europea di proprietà di azionisti privati che avrebbe dovuto iniziare ad operare dal giugno 1998, fatto poi realmente avvenuto, a cui ha conferito l’assoluta indipendenza di gestione delle politiche monetarie.

BCE diviene l’unico organo autorizzato ad emettere moneta nella comunità Europea ex art. 106 Trattato UE.

Ai sensi dell’art. 108 del TUE, BCE era ed è un organo che non risponde ad alcun criterio democratico: “Nell’esercizio dei poteri e nell’assolvimento dei compiti e dei doveri loro attribuiti dal presente trattato e dallo statuto SEBC, né la BCE né una banca centrale nazionale né un membro dei rispettivi organi decisionali possono sollecitare o accettare istruzioni dalle istituzioni o dagli organi comunitari, dai governi degli stati membri né da qualsiasi altro organismo. Le istituzioni e gli organi comunitari nonché i governi degli stati membri si impegnano a rispettare questo principio e non cercare di influenzare i membri degli organi decisionali della BCE o delle banche centrali nazionali nell’assolvimento dei loro compiti” (Detta norma è stata confermata nella sostanza anche dal successivo Trattato di Lisbona, ovvero il Trattato istitutivo dell’Unione Europea attualmente in vigore, che ne ha unicamente modificato la numerazione, rendendola di non facile intellegibilità – capo II art. 130).

Utile rammentare che questa indipendenza è priva di senso logico posto che BCE è di proprietà delle banche centrali europee che a loro volta sono in massima parte di proprietà dei principali gruppi bancari internazionali i quali rispondono ad interessi propri e non certo al benessere collettivo.

Non possiamo in alcun modo confondere il libero mercato, sistema che ha dimostrato di funzionare in quanto stimola in modo costruttivo il personalismo (se vogliamo l’egoismo) umano, con il potere creativo della moneta che non può essere sottratto al pubblico interesse.

A BCE, altresì, è stato posto il divieto di svolgere attività di prestatore di ultima istanza potendo prestare unicamente al tasso ufficiale di sconto, unilateralmente determinato, alle banche commerciali le quali poi speculano sui debiti delle nazioni acquistati nel mercato secondario causando un’imposizione fiscale semplicemente folle (il dato reale della pressione fiscale in Italia è pari, tra imposte dirette ed indirette, ad una somma superiore al 68% del reddito).

L’Italia, con una moneta così concepita, perdeva dunque sia il controllo diretto dei tassi d’interesse che vengono oggi decisi dal mercato, che ovviamente può facilmente influenzarli semplicemente spostando i propri capitali (come accaduto con la crisi dello Spread del 2011), sia la possibilità di svalutare la moneta stessa. Possibilità che si era resa necessaria sia per superare la crisi petrolifera che quella del debito del 1992, causata come già detto proprio dal divorzio tra Ministero del Tesoro e Banca Italia.

L’art. 101 TUE dispone: “E’ vietata la concessione di scoperti di conto o di qualsiasi altra forma di facilitazione creditizia, da parte della BCE o da parte delle banche centrali agli Stati Membri, a istituzioni o organi della Comunità, alle amministrazioni statali, agli enti regionali, locali o altri enti pubblici, ad altri organismi di diritto pubblico o a imprese pubbliche degli stati membri, così come l’acquisto diretto presso di essi di titoli di debito da parte della BCE o delle banche centrali nazionali”. (Il testo è stato riconfermato dal capo II art. 123 del Trattato di Lisbona).

Ovviamente la disciplina del Trattato che ha istituito il SEBC confligge palesemente con la costituzione anche con riferimento all’art. 47 che merita di essere rammentato: “La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito”.

L’indipendenza della Banca Centrale è dunque pacificamente incostituzionale in quanto non consente alla mano pubblica il controllo diretto del credito.

L’Art. 104 del TUE ha altresì attribuito tutti i poteri di raccomandazione e di imposizione di politiche fiscali d’austerità a BCE, di fatto sottraendo definitivamente la sovranità alle nazioni dell’Europa che da tale momento venivano ufficialmente consegnate ai mercati.

La politica economica è così divenuta di competenza di soggetti che sfuggono a qualsivoglia controllo democratico.

Anche il profitto dell’attività di emissione della moneta viene disciplinato dallo stesso Trattato di Maastricht e riservato in favore del SEBC stesso e dunque degli azionisti delle singole banche centrali;

-In data 2 ottobre 1997 viene stipulato il Trattato di Amsterdam, uno dei trattati fondamentali dell’allora Comunità Europea che entrerà in vigore nel maggio 1999.

Questo Trattato viene ratificato dall’Italia con la Legge n. 209/1998;

-All’avvicinarsi dell’avvento dell’euro il Consiglio Europeo emetteva, ai sensi dell’art. 103, paragrafo 5 del TUE, deliberato secondo la procedura dell’art. 189 C del Trattato (a seguito di discutibile parere di ammissibilità procedurale reso dal Parlamento Europeo) il purtroppo poco noto regolamento 1466 del luglio 1997 di cui è necessario esaminare il testo compiutamente.

“Sezione 1 OBIETTIVO E DEFINIZIONI

Art. 1 Il presente regolamento stabilisce le disposizioni relative al contenuto, alla presentazione, all’esame e alla sorveglianza dei programmi di stabilità e dei programmi di convergenza nell’ambito della sorveglianza multilaterale che deve essere esercitata dal Consiglio per prevenire tempestivamente il determinarsi di disavanzi pubblici eccessivi e promuovere il coordinamento delle politiche economiche.

Sezione 2 PROGRAMMI DI STABILITA’

Art. 3 1.Ciascuno stato membro partecipante presenta al Consiglio e alla Commissione le informazioni necessarie ai fini dell’esercizio periodico della sorveglianza multilaterale di cui all’art. 103 del Trattato nella forma di un programma di stabilità, che costituisce una base essenziale per la stabilità dei prezzi ed una crescita vigorosa, sostenibile e favorevole alla creazione di lavoro. 2. Il programma di stabilità contiene le seguenti informazioni:

a) l’obiettivo a medio termine di una situazione di bilancio della pubblica amministrazione, con un saldo prossimo al pareggio o in attivo e il percorso di avvicinamento a tale obiettivo nonché l’andamento previsto del rapporto debito/PIL;

b) le principali ipotesi sul previsto andamento dell’economia, nonché sulle altre principali variabili economiche rilevanti per la realizzazione del programma di stabilità, quali le spese per investimenti pubblici, la crescitareale del PIL, l’occupazione e l’inflazione;

c) la descrizione dei provvedimenti di bilancio e delle altre misure di politica economica adottati o proposti per conseguire gli obiettivi del programma nonché, per le misure più importanti della manovra di bilancio, una stima dei loro effetti quantitativi sui conti pubblici;

d) l’analisi delle ripercussioni di eventuali modifiche delle principali ipotesi economiche sulla posizione di bilancio e sul debito.

3. Le informazioni concernenti l’evoluzione del rapporto tra il saldo di bilancio della pubblica amministrazione e PIL come pure del rapporto tra debito pubblico e PIL nonché delle principali ipotesi economiche di cui alparagrafo 2, lettere a) e b) sono espresse su base annua ed includono, oltre all’anno in corso e a quello precedente, almeno i tre anni successivi.

Art. 4 I programmi di stabilità sono presentati prima del 1° marzo 1999. Successivamente sono presentati programmi aggiornati ogni anno. Gli Stati membri che abbiano adottato la moneta unica in un momento successivo presentano il loro programma di stabilità entro sei mesi dalla decisione del Consiglio relativa alla loro partecipazione alla moneta unica.

2. Gli Stati membri rendono pubblici i programmi di stabilità ed i programmi aggiornati.

Art. 5 1. Sulla base della valutazione della Commissione e del comitato di cui all’articolo 109 C del trattato, il Consiglio esamina, nell’ambito della sorveglianza multilaterale di cui all’articolo 103, se l’obiettivo di bilancio a medio termine di ciascun programma di stabilità preveda un margine di manovra per evitare il determinarsi di un disavanzo eccessivo, se le ipotesi economiche sulle quali il programma è fondato siano realistiche e se le misure adottate e/o proposte siano adeguate per la realizzazione del percorso prospettato di avvicinamento all’obiettivo di bilancio a medio termine.

Il Consiglio esamina inoltre se il programma di stabilità faciliti un più stretto coordinamento delle politiche economiche e se le politiche economiche dello Stato membro interessato siano coerenti con gli indirizzi di massima per le politiche economiche.

2. Il Consiglio procede all’esame di ciascuno dei programmi di stabilità di cui al paragrafo 1 entro al massimo due mesi dalla presentazione del programma. Il Consiglio, su raccomandazione della Commissione e previa consultazione del comitato di cui all’articolo 109 C, formula un parere sul programma. Se, conformemente all’articolo 103, ritiene che gli obiettivi e i contenuti del programma debbano essere rafforzati, il Consiglio invita, nel suo parere, lo Stato membro interessato ad adeguare il suo programma.

3. I programmi di stabilità aggiornati sono esaminati dal comitato di cui all’articolo 109 C sulla base della valutazione della Commissione; se necessario i programmi aggiornati possono essere esaminati anche dal Consiglio secondo la procedura di cui ai paragrafi 1 e 2 del presente articolo.

Art. 6 1. Nell’ambito della sorveglianza multilaterale di cui all’articolo 103, paragrafo 3, il Consiglio verifica l’applicazione dei programmi di stabilità, fondandosi sulle informazioni fornite dagli Stati membri partecipanti e sulle valutazioni della Commissione e del comitato di cui all’articolo 109 C, in particolare allo scopo di individuare scostamenti sensibili, in atto o prevedibili, della posizione di bilancio rispetto all’obiettivo a medio termine o al percorso di avvicinamento a tale obiettivo definito nel programma per il saldo di bilancio della pubblica amministrazione.

2. Qualora individui uno scostamento sensibile della posizione di bilancio dall’obiettivo a medio termine o dal percorso di avvicinamento a tale obiettivo, il Consiglio, allo scopo di prevenire tempestivamente il determinarsi di un disavanzo eccessivo, rivolge allo Stato membro interessato una raccomandazione, a norma dell’articolo 103, paragrafo 4, perché adotti le necessarie misure di aggiustamento del bilancio.

3. Qualora ritenga, nell’esercizio della successiva sorveglianza, che lo scostamento della posizione di bilancio dall’obiettivo a medio termine o dal percorso di avvicinamento a tale obiettivo persista o si aggravi, il Consiglio rivolge allo Stato membro interessato, a norma dell’articolo 103, paragrafo 4, una raccomandazione perché adotti prontamente misure correttive e può, come previsto da tale articolo, rendere pubblica la propria raccomandazione (omissis…)

Art. 10 1. Nell’ambito della sorveglianza multilaterale di cui all’articolo 103, paragrafo 3, il Consiglio verifica l’applicazione dei programmi di convergenza, fondandosi sulle informazioni fornite dagli Stati membri non partecipanti conformemente all’articolo 7, paragrafo 2, lettera a), e sulle valutazioni della Commissione e del comitato di cui all’articolo 109 C deltrattato, in particolare allo scopo di individuare scostamenti sensibili, in atto o prevedibili, della posizione di bilancio rispetto all’obiettivo a medio termine o al percorso di avvicinamento a tale obiettivo definitivo nel programma per il saldo di bilancio della pubblica amministrazione.

Inoltre il Consiglio verifica le politiche economiche degli Stati membri non partecipanti alla luce degli obiettivi del programma di convergenza, al fine di garantire che tali politiche siano compatibili con la stabilità e di evitare quindi disallineamenti del tasso di cambio reale e fluttuazioni eccessive del tasso di cambio nominale. (omissis…)”

Il regolamento in questione è un autentico “economicidio”.

L’obbligo giuridico per una nazione di prelevare a mezzo tassazione dai cittadini la medesima somma, oppure una somma addirittura superiore (avanzo primario) a quanto per essi speso è incompatibile, sotto il profilo scientifico, con qualunque scenario di crescita, tanto meno con quello di una crescita “vigorosa” come afferma lo stesso regolamento sopra trascritto.

Tale fattore di politica economica combinato all’istituzione del SEBC e quindi all’impossibilità degli stati di emettere moneta senza ricorrere all’indebitamento tramite i mercati ha decretato lo scacco matto per la sovranità e l’indipendenza di ogni nazione UE, condannate fin dal 1999 all’arrivo di una crisi di violenza inaudita che, in prima battuta, si riflette sulla distruzione della domanda interna ed il conseguente crollo occupazionale aprendo anche la strada a violenti scenari deflattivi (il dato dell’inflazione in Italia è oggi estremamente allarmante essendo paro allo 0,4% e dunque ben sotto al parametro stesso che BCE dovrebbe rispettare, ovvero quello del 2%).

Crisi che a sua volta, come si spiegherà nel proseguo del presente articolo, ha determinato un’ulteriore fase di cessione della sovranità e dell’indipendenza degli stati in un disegno che pare nel suo complesso oggettivamente criminoso.

Ma vi è di più, con ulteriore regolamento 7 luglio 1997 n. 1467 venivano previste multe per gli stati inadempienti verso la politica economica imposta dal Consiglio Europeo con un meccanismo sanzionatorio pecuniario in proporzione del PIL (con massimale allo 0,5%) disciplinato dall’art. 12 di predetto regolamento.

-Il 1° giugno 1998 BCE entra formalmente in attività, precisamente sei mesi prima dell’entrata in vigore dell’euro ovvero la moneta unica privata europea;

-In data 11 dicembre 2000 viene sottoscritto il Trattato di Nizza il quale è essenzialmente rivolto all’individuazione delle riforme istituzionali (cessioni di sovranità ovviamente) da adottare per l’ingresso di nuovi stati all’interno dell’unione;

-In data 1 gennaio 2002 l’euro diventa la valuta corrente di dodici paesi della Comunità Europea;

-Con Legge 28 dicembre 2005 n. 262 (disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari) si apre la strada alla cessione della maggioranza delle quote pubbliche della Banca d’Italia che vengono cedute ad azionisti privati, ovvero ai principali istituti di credito italiani tra cui la tristemente nota MPS (elenco azionisti dal quale emerge che il capitale sociale di Banca Italia è al 94,33% in mano a banche ed assicurazioni private a cui recentemente lo Stato Italiano ha anche regalato un cospicuo aumento di capitale a spese dei cittadini).

Specificamente la norma che ha consentito tale abominio giuridico è l’art. 19 comma 10 della precitata legge: “Con regolamento da adottare ai sensi dell’articolo 17 della legge 23 agosto 1988 n. 400, è ridefinito l’assetto proprietario della Banca d’Italia, e sono disciplinate le modalità di trasferimento, entro tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, delle quote di partecipazione al capitale della Banca d’Italia in possesso di soggetti diversi dallo Stato o da altri enti pubblici”.

La procedura di cui all’art. 17 Legge 23 agosto 1988 n. 400 implica la diretta responsabilità nella privatizzazione della Banca d’Italia in capo al Presidente della Repubblica ed al Consiglio dei Ministri.

Il 13 dicembre 2007 veniva stipulato il Trattato di Lisbona con il quale la Comunità Europea diveniva ancor più propriamente “Unione Europea”. Trattasi di un passo ulteriore verso la sottrazione delle sovranità nazionali precedentemente stoppata dalla bocciatura francese ed olandese alla Costituzione europea avvenuta nel 2005.

Il Trattato ha la caratteristica di essere estremamente frammentario e disorganico fatto che ne complica notevolmente l’intelligibilità.

-Negli anni successivi il debito pubblico continuava la sua crescita con un PIL al palo a causa delle politiche economiche restrittive decise unilateralmente dalla Commissione Europea.

L’Italia in virtù di tali politiche economiche profondamente (e volutamente!) recessive che determinavano un costante aumento della pressione fiscale, otteneva un importante “avanzo primario” (il termine avanzo primario sta a significare che le entrate fiscali superano le spese correnti al netto del debito pubblico da rifinanziare sui mercati);

Precisamente nel 2011 il saldo primario italiano arrivava a circa 30 miliardi di euro.

Ciò non provocava alcun miglioramento nell’economia del paese che anzi sprofondava verso la recessione. L’avanzo primario non impediva al debito pubblico di continuare la sua ascesa ma anzi, finiva per favorirla direttamente.

Dunque è circostanza dimostrata e dimostrabile che negli ultimi anni circa un quarto della pressione fiscale complessiva veniva utilizzata (e viene utilizzata tutt’oggi) unicamente per pagare interessi (dunque parliamo dei soli interessi e non già del capitale!) sul debito in favore dei mercati e dunque anche di quelle banche che, essendo azioniste di BCE, hanno unilateralmente deciso la politica monetaria dell’Unione Europea con l’assoluta indipendenza di cui all’art. 108 del TUE (oggi capo II art. 130 del Trattato di Lisbona) e che poi acquistano sul mercato secondario le obbligazioni nazionali determinandone il relativo interesse secondo le leggi della domanda e dell’offerta che dunque finiscono per governare con il solo spostamento dei propri ingenti capitali.

Le Banche sono dunque autorizzate a comprare denaro creato dal nulla a costi bassissimi per poi acquistare il debito pubblico con margini di guadagno enormi.

Se ad esempio si acquista il denaro allo 0,25% e poi con questo denaro si comprano i titoli di debito a percentuali del 7%, come avvenuto ad esempio nel novembre 2011, si moltiplica il costo del denaro di ben 28 volte!

Si lucra premendo dei semplici pulsanti senza produrre alcun beneficio per l’economia reale e violentando la Costituzione non solo in merito alla sovranità ma anche con riferimento agli artt. 41, 42 e 43 che giustamente antepongono l’interesse pubblico all’iniziativa economica privata.

Pensare che per anni il dibattito del conflitto di interessi nel nostro paese ha riguardato il Sig. Silvio Berlusconi senza mai intaccare l’ulteriore e più evidente conflitto d’interesse che esisteva ed esiste nell’emissione della moneta, è davvero surreale.

L’emissione di moneta infatti è la principale sovranità di una nazione, sovranità che ne garantisce l’indipendenza dai mercati. Dunque non esisteva nulla di più importante su cui vigilare.

BCE è indipendente dalle nazioni ma le nazioni sono completamente dipendenti da BCE.

-Proprio nell’anno 2011, nonostante l’importante avanzo primario di cui si è detto, l’Italia è diventata vittima di un vile (e dalle ultime indiscrezioni di stampa pare ampiamente premeditato) attacco speculativo proprio da parte di quei mercati che, rispondendo all’interesse del profitto, agiscono secondo logiche esclusivamente mercantilistiche in una materia, quella monetaria, che invece è di primario interesse pubblico. Come noto la leva monetaria determina direttamente il tasso di occupazione in una nazione.

Con maggior precisione la leva monetaria consente di gestire l’inflazione, elemento chiave per ottenere la piena occupazione secondo i parametri macroeconomici della nota curva di Phillips (esiste una relazione di proporzionalità diretta matematicamente dimostrabile tra aumento dell’inflazione e aumento dell’occupazione).

Il problema più grave causato dall’attacco speculativo comunque non è stato direttamente l’illegittimo profitto delle banche private, ma il fatto che in nome del procurato stato di emergenza l’Italia si sia spogliata di ulteriori fette di sovranità con una serie di provvedimenti del Governo e del Parlamento purtroppo avvallati dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

-In data 5 agosto 2011 la BCE, come già detto l’indiscussa portatrice degli interessi dei mercati, inviava una lettera che, a quanto appreso dagli organi di stampa, avrebbe addirittura dovuto rimanere segreta alla pubblica opinione, con la quale imponeva al Governo Berlusconi proprio l’instaurazione della politica dell’austerità che ha annientato la nostra economia.

L’austerità, dopo aver completamente distrutto l’economia greca, arrivava dunque anche in Italia lasciando dietro di sé una lunga scia di fallimenti e morte (dal 2011 ad oggi il numero dei suicidi nel nostro paese è stato a dir poco drammatico e le denunce di semplici cittadini ex art. 580 c.p. sono state innumerevoli).

-BCE, con tale missiva, aveva l’ardire di subordinare l’acquisto dei titoli italiani sul mercato secondario (e dunque in ogni caso ad un tasso ben maggiore, fino a 28 volte maggiore, di quello praticato dalla stessa Banca Centrale in favore delle banche commerciali) alla fedele applicazione della politica del rigore finanziario e fiscale.

In data 9.11.2011 la lettera di BCE causava addirittura una reazione politica nel Governo Italiano. Infatti il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, provvedeva all’immediata nomina di Mario Monti quale senatore a vita della Repubblica Italiana. Tale nomina non trovava alcuna valida spiegazione (recentemente sugli organi di stampa è apparsa addirittura la notizia che Mario Monti sia stato contattato da Giorgio Napolitano già alcuni mesi prima del citato attacco speculativo al fine di sondarne la disponibilità ad accettare l’incarico di Presidente del Consiglio).

-Tre giorni dopo Silvio Berlusconi presentava le proprie dimissioni ed il Presidente della Repubblica conferiva proprio allo stesso Mario Monti l’incarico di formare il nuovo Governo, ovvero il Governo scelto della Banca Centrale Europea per l’esecuzione delle misure di austerità previste allo scopo di ottenere dall’Italia la cessione di ulteriori fette di sovranità ed indipendenza. Cessioni ovviamente avvenute in assenza di condizioni di reciprocità.

Correva il giorno 13.11.2011, una data che rimarrà indelebile nella storia di questo paese, quanto la data dell’inizio della prima o della seconda guerra mondiale. I danni già subiti dall’Italia a causa dalla politica dell’austerità economica sono infatti paragonabili solo a quelli cagionati da un evento bellico.

-Ciò che più rileva comunque è che l’azione di BCE si è sposata con l’immediato intervento del Consiglio Europeo che su proposta della Commissione Europea:

-in data 8.11.11 inasprisce con regolamento n. 1177/11 il sistema sanzionatorio ed i vincoli di bilancio di cui al precitato Reg. CE n. 1467/97;

-in data 16.11.11 modifica con il regolamento CE n. 1175/11 il Reg. CE n. 1466/97 sempre nel senso di una maggiore stringenza della disciplina di bilancio;

-sempre in data 16.11.11 il regolamento CE n. 1173/11 legiferava ulteriormente in merito all’effettiva esecuzione della sorveglianza di bilancio nella zona euro;

-nello stesso senso si colloca la Direttiva n. 2011/85/UE relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri.

Trattasi del cosiddetto “Six Pack”.

La Commissione Europea non si ferma qui ed in data 23.11.11 emana altre due proposte: il cd. “Two Pack”.

Esso si riferisce ad una proposta di regolamento sul rafforzamento della sorveglianza economica e di bilancio degli Stati membri e di un’altra recante disposizioni comuni in materia di monitoraggio e valutazione del bilancio. Tradotto in parole povere con il Two Pack la “legge di stabilità” – provvedimento che in Italia sostituisce la vecchia “legge finanziaria” e definisce l’ammontare della spesa e degli investimenti pubblici – viene sottoposta al potere di veto e decisionale di Bruxelles.

Il PSC (patto di stabilità e crescita) diviene così completo in tutta la sua violenza trattando le nazioni, spogliate completamente della propria indipendenza e sovranità nella totale ignoranza dei cittadini, complice il velo di silenzio calato dai mass media, come soggetti che devono unicamente obbedire alla Commissione (posto che le leggi sono state materialmente redatte dalla stessa) sotto pena sanzioni e forme di commissariamento.

In Italia si continua a dibattere dell’ormai anacronistico vincolo del 3% annuo nel rapporto tra deficit e PIL mentre con il PSC si è imposto l’obbligo a tutti i paesi aderenti all’UE di ridurre nella misura del 60% (oggi superiore al 135%) il rapporto tra debito complessivo e PIL e ciò nel periodo di venti anni.

I Parlamenti Nazionali non hanno più alcun potere salvo quello di aumentare l’imposizione fiscale al fine di eseguire gli ordini che giungono alla nazione addirittura, come accaduto per il nostro paese, sotto forma di missiva della Banca Centrale, ente di proprietà privata.

-Il Governo Monti rispondeva agli ordini della Commissione Europea e di BCE e metteva subito in essere, senza esitazione alcuna, una massiccia politica di aumento della tassazione (auto, casa, pensioni, imposte dirette ed indirette, bolli, addizionali regionali, costi della giustizia solo per citarne alcune).

Il Presidente Monti forniva anche una serie di dichiarazioni pubbliche che lasciare ben poco spazio ai dubbi circa gli interessi a cui lo stesso Governo stava rispondendo, ovvero gli interessi del profitto dei privati che hanno usurpato la sovranità nazionale utilizzando a tal fine la stessa Commissione Europea.

Risulta peraltro assai banale un concetto: se per ogni euro circolante lo Stato Italiano, che non può emettere moneta, deve restituire il valore nominale della moneta creata dal nulla e diventata circolante maggiorato degli interessi, potrà adempiere alle proprie obbligazioni solo depredando i cittadini dei risparmi accumulati nelle loro vite. Il dato non può essere contestato sotto alcun profilo logico, tecnico o giuridico.

Se lo Stato, altresì, non può perseguire l’aumento del deficit a causa delle politiche economiche di pareggio imposte dalla Commissione Europea, la velocità predatrice della moneta aumenta ulteriormente portando le nazioni ad un’inevitabile collasso, il quale è scientificamente indiscutibile.

Se lo si nega, o si ignorano le dinamiche della creazione della moneta oppure si è in totale malafede.

-In punto malafede, peraltro, è stato lo stesso Mario Monti ad aver rilasciato una serie di dichiarazioni che riepilogare in questa sede con i relativi link è un dovere morale.

Specificamente alla CNN Monti ha addirittura dichiarato testualmente il seguente concetto: “Bene stiamo guadagnando posizioni migliori in termini di competitività grazie alle riforme strutturali. Stiamo effettivamente distruggendo la domanda interna attraverso il consolidamento fiscale

In termini economici dunque Monti ha detto apertamente che il suo Governo ha volontariamente abbattuto i salari con politiche fiscali attraverso la distruzione della domanda interna e che dunque tale abbattimento retributivo, secondo lui, avrebbe finito per renderci nuovamente competitivi proprio in virtù della conseguente riduzione del costo del lavoro per le imprese.

Ascoltare questa frase mette davvero i brividi in quanto il costo sociale di una simile operazione è stato ed è immenso (centinaia di morti per suicidio in tutta Italia).

Tutto questo in nome del profitto dei mercati.

-In data 26.09.2011 durante la trasmissione “L’infedele” Mario Monti proseguiva nel suo personale spettacolo facendo un’altra dichiarazione davvero discutibile: “Oggi secondo me stiamo assistendo, non è un paradosso, al grande successo dell’euro e qual’è la manifestazione più concreta del grande successo dell’euro? La Grecia! Perché l’euro è stato creato sì per avere una moneta unica ma soprattutto per convincere la Germania, che ha fatto il grande sacrificio di rinunciare al marco per avere una moneta comune europea, che attraverso l’euro, attraverso i vincoli che nascevano dall’euro, la cultura della stabilità, il Presidente Ciampi richiamava sempre la cultura della stabilità tedesca, si sarebbe diffusa un po’ per volta a tutti. Quale caso di scuola si sarebbe mai potuto immaginare, caso limite, di una Grecia, che da… è costretta a dare abbastanza peso alla cultura della stabilità e sta trasformando se stessa”.

Forse su tale frase è meglio non proferire commenti di sorta posto che si finirebbe per trascendere ampiamente il limite della continenza espositiva. Dunque è bene limitarsi ad elencare i dati ufficiali della catastrofe Greca.

Nel 2008 la Grecia aveva un debito pubblico pari al 99,19% del PIL. Dopo l’austerità il dato è schizzato al 178,3% nel 2013. Desolante.

Nello stesso periodo il PIL che aveva segnato il massimo nel 2008 è sceso fino a 176,6 milioni ovvero ha avuto un calo del 23%.

Ma ovviamente il dato più drammatico, che evidenzia l’aspetto giuridico più rilevante insito nelle misure di austerità, è il dato occupazionale. La Grecia nel 2008 aveva un tasso di disoccupazione pari al 7,68% passato già nel 2011 al 14,62%.

Il dato della disoccupazione in Grecia è arrivato nel 2013 al 27,3%.

-Infine si cita un’ultima dichiarazione trasmessa su Romaunità TV in cui Monti dichiara addirittura testualmente: “Io ho una distorsione che riguarda l’Europa ed è una distorsione positiva, anche l’Europa, non dobbiamo sorprenderci che l’Europa abbia bisogno di crisi e di GRAVI crisi per fare passi avanti. I passi avanti dell’Europa sono per definizione cessioni di parti delle sovranità nazionali a un livello comunitario . E’ chiaro che il potere politico, ma anche il senso di appartenenza dei cittadini, ad una collettività nazionale possono essere pronti a queste cessioni solo quando il costo politico e psicologico di non farle diventa superiore al costo del farle perché c’è una crisi in atto visibile conclamata. Certamente occorrono delle autorità di enforcement (n.d.s. costrizione traducendo in Italiano) rispettate che si facciano rispettare che siano indipendenti e che abbiano risorse e mezzi adeguati oggi abbiamo in Europa troppi Governi che si dicono liberali e che come prima cosa hanno cercato di attenuare la portata la capacità di azione le risorse l’indipendenza delle autorità che si sposano necessariamente al mercato in un’economia anche solo liberale”.

-Il Senatore Monti, in piena coerenza con il proprio dichiarato obiettivo di ridurre la sovranità nazionale attraverso una grave crisi indotta con l’aumento della pressione fiscale e conseguente distruzione della domanda interna, ha condotto l’Italia alla promulgazione delle seguenti leggi di ulteriore limitazione della sovranità e dell’indipendenza del paese.

Leggi approvate dal Parlamento che dunque ha assunto anche le conseguenti piene responsabilità:

-Con legge Costituzionale n. 1 del 20 aprile 2012 sono state riformati, limitando la sovranità dello Stato Italiano in favore dell’Unione Europea, alcuni articoli della Costituzione.

In particolare è bene citare la riforma dell’art. 81 Cost. che, in contrasto con i principi fondamentali della Costituzione stessa non riformati contestualmente, mette al bando ogni politica di espansione monetaria recitando: “Lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico.

Il ricorso all’indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali.

Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte.

Le Camere ogni anno approvano con legge il bilancio e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo.

L’esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi.

Il contenuto della legge di bilancio, le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni sono stabiliti con legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, nel rispetto dei principi definiti con legge costituzionale”.

Con Legge 23 luglio 2012 n. 116 il Parlamento ha ratificato il Trattato che istituisce il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) redatto a Bruxelles il 2 febbraio 2012, legge promulgata dal Presidente della Repubblica e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale in data 28.07.2012.

Trattasi di una norma che sottrae un’altra fetta altrettanto importante della nostra sovranità nazionale.

Il Mes in sostanza è un meccanismo di assistenza finanziaria agli Stati ma per la cui fruizione sono necessarie l’assolvimento di severe condizioni ed ulteriori cessioni di sovranità.

Il Mes non crea alcuna base monetaria ma funziona unicamente in base alle somme erogate dagli stati membri.

Trattasi di somme che non vengono immediatamente versate nella loro interezza ma che, in caso di richiesta, dovrebbero essere erogate (prendendole dalle tasche dei cittadini!) senza dilazione dallo stato membro e ciò ai sensi dell’art. 9 della citata legge.

Non si può dunque che parlare di una nuova ed evidentissima cessione della sovranità nazionale che impone altresì condizioni estremamente gravose per un paese ormai economicamente distrutto dalle misure di austerità imposte dallo stesso Governo Monti sotto l’egida di BCE e lo sguardo compiaciuto di Giorgio Napolitano.

Specificatamente l’Italia è stata messa in condizione di dover versare, a semplice richiesta del MES, l’astronomica somma di € 125.395.900.000.

Altresì i membri del MES godono di tutele giuridiche fuori dalla realtà di qualsivoglia stato di diritto.

Ovvero di immunità totale ed assoluta secretazione degli atti compiuti ai sensi dell’art. 35 L. 23/7/2012 n. 116. Infine il MES pur prestando denaro alle nazioni contro interessi e sacrifici macroeconomici è esente da qualsivoglia tassazione ex art. 36 della citata legge.

-Il Governo Monti termina con le dimissioni del Presidente del Consiglio rassegnate in data 21.12.2012 ed il paese torna alle elezioni sempre con la legge che poi sarà dichiarata incostituzionale con sentenza n. 1 del 2014.

Il clima in cui si svolgono le elezioni politiche è di paura. Ogni tentativo di mettere in discussione le fallimentari politiche di austerità e di cessione della sovranità nazionale è stato stigmatizzato come populismo. In mancanza del rispetto delle politiche di rigore fiscale veniva falsamente prospettata la distruzione economica della nostra nazione. Ciò è perfettamente in linea con la dichiarazione del Sig. Monti sopra trascritta e prodotta.

-Nel frattempo (marzo 2013) il Parlamento Europeo, mentre l’Italia è distratta dalle questioni interne, approva il già citato “Two Pack” e dunque dal 2014 sarà compito esclusivo della Commissione Europea decidere sulla nostra Legge di Stabilità (la Legge più importante dello Stato) acquisendo così il totale controllo delle politiche economiche nazionali. La sovranità sul punto dunque non viene limitata ma completamene sottratta al Parlamento Italiano, fatto completamente illegittimo sotto il profilo costituzionale.

-Il nuovo governo viene formato in data 28 aprile 2013, sempre su incarico del primo presidente della Repubblica ad essere rieletto per un secondo mandato (in data 22 aprile 2013).

La scelta del Presidente ricade ancora una volta su una persona diversa dai candidati alla Presidenza del Consiglio, ovvero Enrico Letta, il quale ha da subito proseguito con assoluta dedizione nelle politiche imposte dalla BCE (anche per tramite UE) e dunque dirette inequivocabilmente alla distruzione della domanda interna allo scopo di abbattere i salari ed indurre una crisi che conseguentemente porti i cittadini ad accettare nuove cessioni della sovranità nazionale anche grazie meccanismi di “enforcement” (costrizione) quali il MES e il poco noto ERF (European Redemption Fund) che impone agli Stati di garantire con beni reali il proprio debito esattamente come fanno i cittadini quando chiedono un mutuo. Semplicemente ridicolo: le Nazioni private della sovranità vengono declassate al rango di qualsivoglia altro soggetto privato. Nulla più di questo dimostra la cessione integrale della sovranità monetaria;

-In data 15 giugno 2013 il Governo Letta vara il “Decreto del Fare” con il quale è stata ulteriormente incrementata la pressione fiscale con esso. Viene confermato l’aumento dell’IVA dal 1 ottobre (aumento che ha comportato un calo del relativo gettito ma è stato molto efficace nell’abbattere i consumi) e l’aumento degli acconti sulle imposte dirette, azione economicamente folle in un sistema già in recessione certificata in cui dunque non è prevedibile una crescita dei redditi per l’anno successivo.

-Ma non è finita qui. Il 12 settembre 2013, conformemente alle dichiarazioni di Monti con le quali si premetteva l’essenzialità delle gravi crisi al fine di procedere alla sottrazione di fette della sovranità nazionale, il Parlamento Europeo ha approvato anche la cd. “Unione Bancaria” e ciò su proposta della Commissione Europea.

Si sottolinea solo l’art. 4.3.1 di questa proposta, poi approvata dal Parlamento Europeo: “Principi, Istituzioni e Compiti. (omissis…) i costi o le altre spese sostenuti in relazione all’applicazione degli strumenti di risoluzione delle crisi siano in primo luogo a carico degli azionisti e dei creditori dell’ente soggetto a risoluzione della crisi e solo in ultima analisi, se necessario a carico del settore finanziario”.

Tale norma certifica che laddove una banca fallisce siano i correntisti a pagarne il prezzo e non già il settore finanziario. Dopo aver obbligato addirittura i pensionati ad avere un conto corrente, ecco a chi sarà chiesto il sacrificio per le vili speculazioni della finanza internazionale.

Tale norma è stata salutata trionfalmente dal nostro Governo in particolare nelle persone di Enrico Letta e Fabrizio Saccomanni e ciò la dice lunga, ad avviso di chi scrive, sugli interessi ai quali queste persone rispondono.

Questa è la nostra Europa, l’Europa voluta dagli esponenti del nostro governo.

-Pare quasi superfluo dire, per concludere questa lunga (seppur largamente incompleta) ricostruzione storica, che a seguito delle politiche di austerità tutti i dati economici del paese sono peggiorati e la sovranità ed indipendenza dell’Italia è stata cancellata.

Ecco in sintesi i principali dati macroeconomici.

Nel 2007 il tasso di disoccupazione italiana era al 6,1%, nel 2011 superava di poco la misura dell’8% mentre oggi è già pari al 12,8% ed è in crescita esponenziale. L’analogia con gli effetti dell’austerità in Grecia è oltremodo evidente e porta alla conclusione che anche qui, proseguendo con le attuali politiche, si arriverà a tassi di disoccupazione analoghi.

Il debito pubblico del nostro paese a dicembre 2011 era pari ad € 1.907.612.000, dopo un solo anno di “cura” Monti era già salito ad € 1.989.432.000.

A dicembre 2013 il debito ha addirittura sfondato la soglia di € 2.070.000.000 ed il rapporto con il PIL, nel frattempo precipitato a causa delle politiche volte alla distruzione della domanda interna, ha raggiunto il 130% così peggiorando considerevolmente il dato del 120% del 2011.

Oggi il debito, sotto il Governo Renzi (Governo che persegue le medesime politiche di sottrazione dell’indipendenza e della sovranità nazionale), ha sfondato il muro del 135% arrivando a Marzo alla cifra complessiva di € 2.120.000.000.

Insomma l’austerità ha spinto volutamente la nazione in una spirale recessiva volta ad ottenere le elencate (macroscopiche) cessioni della sovranità nazionale con conseguenze disastrose per la vita umana.

* * *

Occorre dunque chiedersi se tutto ciò a una propria legittimazione giuridica e per fare questo è necessario esaminare una sezione specifica del codice penale ovvero quella dei reati contro la personalità dello Stato di cui agli art. 241 e ss. c.p.

In questa sede si focalizzerà l’attenzione unicamente sugli art. 241 e 243 c.p. e ciò al fine di non complicare oltre sotto il profilo tecnico quello che vuole essere un articolo principalmente informativo, sperando che quanto scritto possa essere comunque di spunto agli operatori del settore per le proprie autonome riflessioni.

Orbene l’art. 241 c.p. punisce chi: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque compie atti violenti diretti ed idonei a sottoporre il territorio dello Stato o una parte di esso alla sovranità di uno Stato straniero, ovvero a menomare l’indipendenza o l’unità dello Stato, è punito con la reclusione non inferiore a dodici anni.

La pena è aggravata se il fatto è commesso con violazione dei doveri inerenti l’esercizio di funzioni pubbliche”.

In primo luogo si sottolinea come la norma in esame sia stata modificata con L. 24.02.2006 n. 85.

Nella previgente formulazione la parola “violenti” non era inserita ed il reato era punito con la morte (ergo ergastolo ex lege).

Detta modifica normativa è assai inquietante ed ha anticipato di pochi mesi la pronuncia della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 16751 del 21.07.2006 che per la prima volta era chiamata a disquisire proprio in merito a questioni monetarie e di sovranità, per quanto in maniera palesemente incidentale visto che l’attore non aveva in alcun modo contestato la legittimità costituzionale delle leggi di ratifica dei Trattati Europei.

I fatti abbondantemente narrati nelle premesse del presente articolo paiono rientrare perfettamente all’interno della fattispecie punita dall’art. 241 c.p. prima della poco comprensibile riforma del 2006.

La privazione della sovranità nazionale infatti è fatto gravissimo e ciò sia se è compiuta con la forza sia se lo è con l’uso di una semplice penna.

Ci si domanda dunque se la modifica della fattispecie penale sia stata fatta appositamente al fine di consentire che le limitazioni di sovranità compiute in spregio agli artt. 1 ed 11 Cost. non fossero più, secondo l’ottica dei signori dell’euro, perseguibili.

Ad ogni buon conto, nonostante la citata modifica normativa, chi scrive ritiene che la fattispecie di cui all’art. 241 c.p. sia, in ogni caso, ancora ampiamente da tenere ben a mente quando si parla delle cessioni della sovranità e dell’indipendenza del paese avvenute dal 1992 ad oggi.

Ma andiamo con ordine.

In primo luogo occorre esaminare approfonditamente gli art. 1 ed 11 cost. e valutare la loro compatibilità con il Trattato Istitutivo dell’Unione Europea e con le ulteriori norme recentemente approvate dal Parlamento Italiano come, ad esempio, la L. 23.07.2012 n. 116 istitutiva del cd. MES nonché la riforma costituzionale che, sempre nel 2012, ha modificato gli artt. 81, 97, 117 e 119 Cost. Ovviamente tale compatibilità va valutata anche in riferimento al già citato PSC ovvero il patto di stabilità e crescita approvato in sede europea che impone la riduzione del debito pubblico nella misura del 60% del rapporto con il PIL.

Come noto l’art. 1 della Costituzione recita: “L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.

Fermo il diritto al lavoro, diritto peraltro ampiamente frustrato dagli effetti deflattivi delle politiche di austerità dirette alla distruzione della domanda interna, il riferimento ai limiti alla sovranità popolare porta alla necessaria lettura dell’art. 11 Cost. che dispone: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.

La ratio della norma Costituzionale era dunque quella di favorire la pace tra le nazioni consentendo a tale fine una limitazione della sovranità purché compiuta in condizione di reciprocità. Trattasi di norma nata alla fine del secondo conflitto mondiale e non certo concepita pensando alla nascita dell’UE o di BCE.

Ovviamente la cessione della sovranità monetaria ad una banca sovranazionale composta da azionisti privati, banca che non risponde ad alcun controllo democratico ex art. 108 TUE (oggi Trattato di Lisbona), non è atto conforme alla nostra Costituzione.

Tanto meno è conforme alla Costituzione la totale cessione della sovranità in materia di politica economica ad oggi nelle mani della Commissione Europea i cui membri non sono soggetti ad alcun controllo democratico.

Sul punto il cd. “Two Pack” costituisce indiscutibilmente una cessione assoluta di sovranità e non certo una mera limitazione in condizioni di reciprocità.

Tornando a BCE invece risulta evidente, che tra i Governi e la stessa Banca Centrale non vi è alcuna parità di poteri e che dunque la conseguente cessione integrale della sovranità monetaria in favore di detta banca, peraltro per motivi che nulla hanno a che vedere con lo sviluppo della pace e della giustizia tra le nazioni, esula ampiamente dai limiti del dettato costituzionale rientrando nel pieno ambito di operatività della fattispecie penale di cui all’art. 241 c.p.

Appare inoltre evidente che le politiche di austerità stanno aumentando l’odio tra le nazioni e non già favorendo la pace.

Peraltro, come già detto, non solo BCE è un organismo sovranazionale che ex lege non può accettare anche solo semplici “consigli” dagli stati e dagli altri organi UE, ma addirittura è una Banca Centrale che non ha alcuna funzione di prestatore di ultima istanza ma fornisce credito unicamente alle banche commerciali consentendo loro enormi profitti.

Queste banche commerciali, che poi altro non sono che le stesse componenti del consiglio d’amministrazione di BCE, usano la massa monetaria immessa dal nulla nel sistema unicamente per trarre profitti ed acquistare beni o servizi, anche grazie all’ulteriore follia delle privatizzazioni.

Storia di pochi mesi or sono la triste svendita di pezzi della nostra nazione compiuta in medio oriente dal Presidente del Consiglio Enrico Letta.

Ad ogni buon conto le norme che provano inconfutabilmente quanto specificato sono quelle già menzionate nella premessa del presente atto a cui si rinvia integralmente per una migliore lettura.

La crisi del 2011, iniziata con l’invio della lettera di BCE al Governo Berlusconi per richiedere l’applicazione delle misure di austerità e che ha poi condotto all’avvento di Mario Monti, è stata la vera leva con cui fare accettare alle nazioni ulteriori e sempre più consistenti cessioni di sovranità privandole dei pur esigui margini di manovra che il Trattato di Maastricht prima e Lisbona poi ancora lasciavano. Tale leva nel caso di specie è stata addirittura utilizzata per destituire un Governo legittimamente eletto con un altro gradito alla finanza.

Come testualmente dichiarato da Monti Mario la crisi è divenuta l’arma necessaria per fare sì che l’Europa potesse fare dei passi avanti che, sempre secondo Monti, sono appunto l’illecita cessione di sovranità in favore del mercato, così abbattendo definitivamente le singole sovranità nazionali.

In questo contesto si colloca l’approvazione da parte del Governo del MES, del pareggio di bilancio in costituzione, del cd. two-pack nonché dell’unione bancaria e delle ulteriori riforme costituzionali in programma e già più volte annunciate da quelli che una volta erano Governi di Stati sovrani e che oggi sono meno di colonie inermi nanti al potere dei mercati. Ovviamente sempre in tale contesto si colloca l’ERF.

Sotto il profilo della fattispecie penale dell’art. 241 c.p. è dunque indubbio che la sovranità nazionale sia stata sottratta in favore di organi stranieri tra cui la stessa BCE e che l’indipendenza dello Stato non solo sia stata limitata ma addirittura completamente cancellata.

In punto diritto dunque occorre unicamente disquisire circa il presupposto consumativo del reato così come modificato nel 2006 e dunque trattare anche del concetto di “atti violenti” inserito nell’art. 241 c.p.

Tuttavia la risoluzione giuridica del problema appare più semplice di quanto possa in un primo momento apparire.

La giurisprudenza, infatti, è assolutamente unanime e consolidata sull’interpretazione ampia del concetto di violenza che non comprende solo l’atto fisico dell’agente.

La violenza si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l’offeso della libertà di determinazione e di azione, potendo consistere anche in una violenza “impropria”, che si attua attraverso l’uso di mezzi anomali diretti ad esercitare pressioni sulla volontà altrui, impedendone la libera determinazione.

L’austerità è l’atto “impropriamente” violento (anche se forse si potrebbe parlare addirittura di atto apertamente violento in re ipsa viste le conseguenze di morte che ha comportato e comporta) imposto da BCE e pedissequamente posto in essere dal Governo Monti prima, Letta poi e Renzi oggi, sempre con l’avvallo del Presidente Napolitano, che distruggendo la domanda interna e conseguentemente riducendo la popolazione in una condizione di paura e sempre più dilagante povertà, ha determinato l’accettazione sulla base di una falsa forza maggiore di ogni atto con cui la sovranità italiana è stata completamente sottratta.

Il reato dunque è sotto il profilo materiale sarebbe perfettamente consumato dai fatti abbondantemente narrati.

Per l’elemento psicologico, ovvero il dolo, non è ovviamente questa la sede per affrontare un tema che riguarda le aule di Giustizia.

Pare certo comunque che certe dichiarazioni rese agli organi di stampa rendono davvero poco credibile che non vi fosse in alcuni la piena consapevolezza di tradire il dettato costituzione.

Occorre invece fare un’ultima riflessione laddove non si aderisse all’eccezione di “atti violenti” che sin d’ora si è esposta ed esaminare l’ambito di operatività di cui all’art. 243 c.p. che punisce: “Chiunque tiene intelligenze con lo straniero affinché uno Stato estero muova guerra o compia atti di ostilità contro lo Stato italiano, ovvero commette altri fatti diretti allo stesso scopo, è punito con la reclusione non inferiore a dieci anni. Se la guerra segue, si applica la pena di morte; se le ostilità si verificano, si applica l’ergastolo”.

Trattasi di disposizione normativa che mira a tutelare l’interesse del mantenimento della pace e dell’esclusione, nello svolgimento delle relazioni internazionali, di interferenze da parte di soggetti non autorizzati, conniventi con lo straniero, capaci di compromettere i rapporti e la pacifica convivenza tra i popoli.

Il verificarsi dell’evento bellico non è elemento necessariamente richiesto per la consumazione del reato in parola per il quale è sufficiente l’avvenuta intelligenza con lo straniero a tale fine o a quello di compiere anche altri atti altrimenti ostili alla nazione che è proprio ciò che interessa in questa sede.

Tenere “intelligenze” significa semplicemente stringere un accordo con lo straniero, accordo che ai fini del reato in parola può anche essere assolutamente palese e non già occulto. La stipula di un trattato è pacificamente un atto d’intelligenza con lo straniero.

La qualificazione giuridica meno immediata è invece quella che definisce appunto il concetto di “atto ostile”.

Atti di ostilità sono tutte le azioni d’inimicizia diverse dalla guerra stessa che risultino dannosi della personalità giuridica del paese anche qualora non coercitivi o non violenti. Ecco dunque spiegata la ragione per cui, non aderendo a quanto precedentemente asserito, l’art. 243 c.p. diventa norma residuale rispetto al 241 c.p.

L’ordinamento democratico della Repubblica Italiana si basa ovviamente sulla nostra Costituzione che all’articolo 1 attribuisce espressamente la sovranità al popolo. Tale passaggio costituisce l’essenza di una democrazia nel senso proprio del termine.

Un atto d’intelligenza con lo straniero che comporta la sottrazione della sovranità e dell’indipendenza nazionale in violazione degli artt. 1 e 11 Cost. deve necessariamente qualificarsi come atto ostile a quel bene giuridico che si può definire personalità dello Stato Italiano.

Non vi è infatti azione più ostile nei confronti di una nazione di quella diretta a cancellarne la sovranità o a menomarne l’indipendenza. Ogni evento bellico è per sua definizione il tentativo di sottomettere un altro Stato menomandone proprio la sua sovranità e la sua indipendenza.

Oggi la compromissione dell’indipendenza e della sovranità nazionale non avviene dunque con i carri armati ma con i vincoli di bilancio imposti con i trattati che spogliano la nazione di qualsivoglia capacità giuridica in materia politica ed economica.

La cessione di sovranità dell’Italia in favore di organismi stranieri rappresenta indiscutibilmente la fine dell’Italia quale nazione libera ed indipendente, ciò è esattamente quello che accadrebbe in caso di occupazione militare del paese. Siamo in presenza di un atto oggettivamente ostile alla personalità dello Stato.

Se si parla di interessi nazionali la valutazione dovrà quindi essere esclusivamente giuridica e non di mera opportunità. Anche se si ritenesse che la cancellazione dell’Italia come Stato possa essere atto compiuto nell’interesse del popolo italiano stesso ciò non toglierebbe la qualifica di atto ostile ad un trattato che disponga suddetta cancellazione.

Ergo il carattere ostile di un atto è in re ipsa nella cessione di sovranità compiuta in violazione di principi fondamentali della nostra costituzione indipendentemente dal fatto che si possa pensare o meno che tale cessione migliorerà la qualità della vita nel nostro paese.

Dunque un discorso come quello di Mario Monti di cui si è già detto ove si enfatizza il disegno di cedere la sovranità nazionale in favore dell’Europa dei mercati non lascia francamente indifferenti.

Il fatto che un Presidente del Consiglio sponsorizzi la fine dell’Italia quale nazione sovrana ed indipendente è per evidenza logica un atto ostile all’Italia stessa posto che la perdita della sovranità comporta la fine del paese quale nazione e la conseguente perdita della personalità giuridica.

In merito all’elemento psicologico per la consumazione del reato non rileverebbe affatto, ad avviso di chi scrive, che il soggetto agente voglia il male della popolazione italianama unicamente che il soggetto agente abbia il dolo specifico di compiere un atto ostile alla sopravvivenza della nazione Italia quale entità indipendente e sovrana dotata di propria personalità giuridica.

* * *

Spero di non avervi tediato con un testo così lungo ma l’argomento era difficilmente liquidabile in poche parole. Attendo eventuali commenti e domande con l’augurio di tornare al più presto al recupero della piena sovranità nazionale nel rispetto della nostra splendida Costituzione.